Storia ed evoluzione dei videogiochi
Inviato: 31/01/2014, 11:46
Tesi sui Videogames videogiochi
I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori
Fabrizio Tropeano
Si fa presto a dire… Game Over
Idee, percorsi e possibili sviluppi per cancellare i pregiudizi culturali e d'uso intorno al videogaming dopo 50 anni di storia
PREFAZIONE
INTRATTENIMENTO, NIENT’ALTRO CHE INTRATTENIMENTO…
Di fronte alla richiesta di un mio lettore di perorare la causa dei videogiochi in ambito accademico, non ho potuto esimermi dal dare il mio contributo in proposito.
Quello dei videogame è un discorso interessante, perché in esso credo sia possibile vedere il percorso di altre forme espressive del secolo appena passato, prime fra tutte il cinema e la musica rock.
Che l’uomo sia sempre stato spaventato dalle novità ma che al tempo stesso le abbia cercate, credo sia innegabile. Ad esempio, con la scoperta delle prime locomotive, numerose furono le persone convinte che il viaggiare a una velocità superiore a quella di un cavallo avrebbe impedito una corretta respirazione e, quindi, causato la morte per asfissia.
È curioso notare come proprio un mezzo di trasporto così contestato all’epoca sia stato oggetto dei primi filmati creati nel 1895 a Lione dai fratelli Lumière, che volevano mostrare le potenzialità della loro invenzione.
Eravamo agli albori del cinema ma questo momento era vissuto dai suoi stessi creatori non tanto come possibile forma d’arte, bensì come un semplice mezzo d’intrattenimento alternativo a quelli già esistenti. Arriviamo quindi, e qui mi riallaccio a quanto scritto in precedenza, all’avvento della musica rock: anche in tal caso le accuse rivolte a coloro che si esibivano in questa forma di espressione erano tra le più pittoresche che si siano mai potute sentire nella seconda metà del ‘900, superate forse da quelle rivolte al mondo dei videogiochi e ai suoi membri.
Credo sia inutile commentare le accuse di satanismo rivolte ai Rolling Stones, quelle di devianza affibbiate ai Beatles, così com’è superfluo notare che ormai i treni sono un mezzo di trasporto addirittura superato in velocità e che questi costituiscono tutto fuorché la principale musa ispiratrice per la cinematografia contemporanea.
I videogiochi non sono da meno e, adesso che sono diventati un fenomeno di massa, passato il periodo sabbatico dell’accettazione da parte dei garanti dell’informazione, possono cominciare a respirare dalle accuse, peraltro non ancora del tutto sopite, gettate loro addosso da quei tanti che hanno visto in questa forma di intrattenimento una panacea alla spiegazione dei mali che affliggono la società odierna.
Opinione di chi scrive è che al momento i videogiochi non siano altro che un intrattenimento elettronico che rispecchia l’ormai raffinata visione del divertimento della ricca civiltà occidentale.
Giocattoli interattivi dal diverso spessore a seconda della fascia cui essi sono rivolti, non meritano certo le invettive di cui sono stati fatti oggetto recentemente. Al pari della danza in discoteca, della lettura di un libro, della visione di un film o di una partita a pallone, essi non sono che una forma di svago la cui intensità di fruizione spetta alla coscienza di chi se ne serve.
Le accuse di fomentare l’alienazione dei giovani d’oggi sono infondate nella stessa misura in cui si considera che altre “forme d’intrattenimento” possono portare alle medesime conseguenze: non si riescono altrimenti a spiegare gli atteggiamenti di coloro che vivono per la serata in discoteca, la partita allo stadio o, ancora, di chi passa i pomeriggi e le serate davanti ad abulici format televisivi.
In una società che gioca allo scaricabarile con l’educazione, con i genitori che l’affidano alle scuole e queste ultime che la respingono ai mittenti, risulta evidente l’importanza che riveste la formazione caratteriale e culturale che si impartisce ai propri figli. Una volta che questi hanno gli strumenti corretti per analizzare la realtà che li circonda, vivere la propria vita in modo equilibrato e dare la giusta misura alle cose, ecco che i rischi paventati dai detrattori del mondo dei videogiochi cessano di esistere.
I casi da notiziario di bambini caduti in preda alle crisi epilettiche (quando non già predisposti ad esse) o, peggio, collassati di fronte ai monitor dopo sedute interminabili, credo siano imputabili più all’incuria di chi li ha in responsabilità che non al media prescelto dalle “vittime”.
Alla stessa stregua, coloro che accusano i videogame di plagiare le menti dei più giovani dovrebbero puntare il loro indice accusatore più verso l’operato delle famiglie che non, ancora una volta, verso una mera forma d’intrattenimento.
Se una critica si può muovere ai videogiochi del giorno d’oggi è quella di non riuscire a staccarsi da semplice forma d’intrattenimento ed evolversi piuttosto in una forma d’arte, occasione questa che la popolarità e l’accettazione da parte delle masse sta dando loro.
La scelta delle produzioni è ancora basata unicamente su considerazioni di botteghino, in virtù anche degli alti costi di produzione dei videogiochi del giorno d’oggi.
Purtroppo tra l’altro, forse a causa dell’età media cui l’intrattenimento elettronico si rivolge, a differenza di quanto accade nell’industria del cinema le produzioni “indipendenti” hanno scarsissimo successo, il che provoca un notevole appiattimento verso il basso delle realizzazioni videoludiche.
I tempi comunque stanno cambiando, e mentre una volta chi passava il proprio tempi coi videogiochi era considerato un disadattato e comunque una persona “out”, ormai per quelle che sono le tendenze attuali si è “out” se non sia ha a casa una PlayStation 2, agli occhi dei suoi promotori una macchina da intrattenimento costosa, d’immagine e rivolta a quella fascia d’utenza non certo adolescente che insieme ai videogiochi c’è cresciuta. Passerà del tempo e alla fine ciò che una volta destava scalpore diventerà consuetudine, e guardando alle accuse mosse ai videogame ci si riderà sopra, così come lo si fa ora pensando a quanto si è detto a suo tempo di locomotive, cinema e musica rock.
Stefano Silvestri*
*Caporedattore di The Games Machine
Da 10 anni, la rivista di videogiochi per PC più venduta in Italia
PERCHE’ SCRIVERE DI VIDEOGIOCHI?
E’ da qualche anno che in termini di fatturato, il mercato dell’entertainment elettronico ha superato per dimensioni quello cinematografico e musicale.
L’offerta si è variegata, proponendo titoli sempre più eterogenei e complessi con ingenti investimenti da parte delle software house che a volte superano le produzioni cinematografiche.
Gli “eroi digitali” protagonisti dei titoli di maggior richiamo hanno una fama pari (se non superiore, a volte) ai cantanti pop e ai divi cinematografici.
L’uscita di nuove console, macchine dedicate esclusivamente al videogiocare, hanno completamente disatteso (in positivo) le tipiche curve per descrivere il ciclo di vita di un prodotto, ottenendo nel giro di poche ore l’esaurimento delle scorte disponibili.
Il gioco on line è una forma di intrattenimento capace già di coinvolgere milioni di persone al mondo e con possibilità di rapporti sociali molto più ampie delle chat.
E se anche Bill Gates non si è accontentato di creare all’interno di Microsoft un comparto dedicato alla produzione di videogames per PC ma è voluto entrare direttamente anche nel mercato delle console con l’X-Box, ciò potrebbe significare che le possibilità di crescita sono ancora ampie.
Ma a fronte di questi dati economici, il “videogiocare” non ha ancora acquisito tanti degli elementi che un medium dalle caratteristiche così uniche meriterebbe di avere.
Tranne rarissime eccezioni, quotidiani, periodici e telegiornali e media non specialistici in genere, dedicano percentuali irrisorie del loro tempo e spazio ai videogames se paragonato a quello dato a cinema, libri e musica, per non parlare dei talk show in cui l’unico motivo per tirare in ballo il divertimento elettronico è riguardo le possibili influenze negative dei titoli a più alto contenuto violento sui giocatori più giovani.
Da un punto di visto accademico, esistono pochi casi al mondo in cui il “videoludus” sia riuscito ad entrare nelle scuole e nelle università in maniera stabile e le pubblicazioni di testi riguardo l’argomento (sotto un punto di vista sociale o culturale) sono ugualmente non frequenti (in Italia non esistono più di 6/7 titoli al riguardo compresi quelli tradotti da altre lingue).
A differenza del cinema e della musica, non c’è in questo mercato un’alternativa stabile al “mainstream” (i prodotti di massa, solitamente ad elevato budget) in grado di offrire una diversificazione maggiore dei prodotti sia sotto il profilo dei contenuti che delle forme.
Dopo quasi 50 anni di storia del videogaming, avere più di 30 anni e dichiararsi videogiocatori nella maggior parte dei casi significa essere considerati “bambinoni” troppo cresciuti o comunque al di fuori della cosiddetta “normalità” e immaginarsi che il videogioco sia argomento da salotto è oggi per i “gamers” ancora solo una splendida utopia.
Quanti, se non una piccola nicchia di appassionati, conoscono i nomi di sceneggiatori o programmatori anche dei titoli più famosi?
E le dissertazioni interminabili di vari generi di intellettuali che si “sprecano” per il cinema, per la musica o l’arte figurativa?
Mai sentiti per videogiochi anche con una splendida trama, una più che rispettabile introspezione psicologica dei personaggi e dall’estetica elegante?
Quello che proveremo a dimostrare nelle pagine seguenti, dopo una breve storia dell’evoluzione dei videogiochi, è che i motivi di questo “riconoscimento” ancora parziale non sono attribuibili alle caratteristiche del medium in sé ma alla sinergia di pregiudizi culturali, sociali ed ideologici radicati nei non videogiocatori e dalle caratteristiche predominanti di produzione in questi primi 50 anni di videogaming: i due fattori hanno generato il tipico meccanismo del “cane che si morde la coda” ma illustreremo nell’ultima parte di questo testo come si possano già citare esempi di prodotti in grado di aprire un varco verso una nuova era del videogiocare, capace di trovare usi, forme, utenti e contenuti complementari a quelli esistenti.
Opere capaci di mostrare la possibile trasformazione dell’entertainment elettronico nello strumento principe di narrazione audiovisiva.
NOTA INIZIALE
ETIMOLOGIA DI “VIDEOGIOCO”
Dopo interminabili discussioni con colleghi di studio, intellettuali, professori e semplici giocatori appassionati sull’importanza di definire cosa sia il videogioco, mi è sembrato opportuno aggiungere questa breve nota iniziale sull’etimologia di questo neologismo.
Sia chiaro: la questione rimane molto aperta ed anche le opinioni espresse in alcuni dei testi presenti nella bibliografia sono estremamente discordanti se non opposte.
Il motivo di questa difficoltà nasce dal periodo di forte convergenza digitale e non risulta affatto semplice trovare discriminanti stabili per suddividere in maniera radicale sia i nuovi che i vecchi media traghettati sulle piattaforme elettroniche.
Ho deciso di fornire questo punto di partenza per un’operazione di chiarezza semantica ma proprio una parte di questo testo sarà incentrata riguardo il possibile superamento delle concezioni attuali e di come, processo già in atto, la convergenza non sarà solo tecnica ma anche nel contenuto e nella interazione fra macchina e uomo.
Reputo comunque che Matteo Bittanti (M. Bittanti, “L’Innovazione Tecnoludica”, Jackson Libri 1999) presenti la migliore delle definizioni: si parla di “…una doppia natura: da una parte è gioco, dunque è attività, prassi. Dall’altra è video, per tanto rimanda ad un vedere, ad un’estetica…. Definiremo quindi il videogioco come dispositivo elettronico che consente a uno o più giocatori di simulare vari giochi sullo schermo di un televisore o di un monitor al quale viene collegato.
Il videogioco è un new medium a finalità essenzialmente ricreativa”.
Definizione simile poi a quella che troviamo nel vocabolario Zingarelli ovvero: “Apparecchio elettronico che permette a uno o più giocatori di simulare, mediante vari tipi di comandi, sullo schermo di un televisore ordinario a cui viene collegato o su quello di un monitor che ne fa parte integrante, vari giochi esistenti o ideati appositamente”.
Ci permettiamo di aggiungere alla definizione citata il fatto che per gioco possiamo considerare qualsiasi attività ed azione reale od immaginaria riproducibile su schermo (il gradimento dell’utente deciderà esclusivamente il successo dell’opera e non la sua natura) e che la partecipazione umana (in qualsiasi sua forma) debba essere indispensabile per ciò che viene presentato.
…E la discussione può continuare.
I PASSI FONDAMENTALI DELL’EVOLUZIONE:
BREVE STORIA DEI VIDEO GAMES
1958 – 1984: LA “PREISTORIA”
Nella ancora non precisa1 storia videoludica, possiamo considerare il ricercatore fisico William A. Higinbotam come il primo vero creatore di un videogioco. Era il 1958, quando all’interno del Brookhaven National Laboratory negli Stati Uniti, si cercano nuove forme per coinvolgere maggiormente i visitatori del centro scientifico, aperto al pubblico durante alcuni giorni della settimana.
Nasce così un tentativo di simulazione di tennis (due linee su schermo che si passavano un quadratino luminoso) che Higinbotam chiamerà “Tennis for Two” e diverrà la vera attrazione del laboratorio Brookhaven per molto tempo.
Da Tennis for Two passeranno 4 anni per il secondo titolo videoludico: Space War è una sorta di simulazione di combattimento spaziale che rispettava in maniera adeguata le leggi della gravità nello spazio e realizzato da Stephen Russell, studente di ingegneria al Massachussets Institute of Technology di Boston.
Tennis for Two e Space War non sono pensati per arrivare al grande pubblico anche perché in quel tempo giocare con questi due titoli significava avere degli elaboratori grandi quanto un’ autovettura e dal costo di circa 150.000 dollari.
Le due invenzioni, anche se per motivi diversi, non saranno neppure brevettate: Higinbotam non immaginò minimamente che la sua invenzione
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1: Ci riferiamo alle varie divergenze che abbiamo trovato nella ricostruzione delle origini dei videogames. Quella che noi presentiamo cerca di unire gli elementi più comuni riscontrati nella nostra bibliografia.
avrebbe avuto degli effetti così importanti mentre Russell condivideva la filosofia degli hacker2.
Dopo il fallimento del progetto di Ralph H. Baer, il primo a brevettare nel 1968 una macchina da gioco destinata ad essere fruibile direttamente dalla televisione che arriverà solo nel 1972 sul mercato, è Nolan K. Bushnell con la realizzazione di prodotti destinati a locali pubblici a trasformare il videogaming in un fenomeno di massa. Prima Computer Space (una variante, per non dire imitazione di Space War) nel 1971 e soprattutto l’anno successivo Pong (anche in questo caso, non così lontano da Tennis For Two) entrano nel novero dei divertimenti preferiti prima negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo. Bushnell, creato il marchio Atari3, deciderà di “invadere” con i suoi videogiochi anche la sfera privata con dei sistemi casalinghi e di cui sarà leader incontrastato per almeno 10 anni.
Saranno in molti, con alterni risultati, ad entrare nel mercato dei videogiochi e che insieme ad Atari, proporranno nuove forme di intrattenimento videoludico4.
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2: Matteo Bittanti (M. Bittanti, L'innovazione Tecnoludica, Jackson Libri 1999) definisce l’hacker come “uno smanettone del computer e un fanatico della tecnologia che vede nell’informatica l’unica via possibile per la liberazione dall’oppressione politica ed ideologica. Legati alla cultura dello scambio, della condivisione delle conoscenze e delle competenze, gli hackers si rapportano al concetto di diritto d’autore con una certa elasticità”.
3: Per capire l’importanza nella storia dei videogiochi dell’Atari (scomparsa ufficialmente come sigla dal mercato da almeno 5 anni), citiamo l’indiscrezione secondo cui la software house francese Infogrames, azienda importante nella produzione odierna e il cui fatturato ogni anno cresce in maniera considerevole, sta prendendo in seria considerazione l’ipotesi di cambiare nome proprio in Atari (di cui ha acquisito i diritti del marchio durante la prima metà del 2001) perché soprattutto nel mercato americano susciterebbe ancora in molti utenti un forte richiamo.
4 E’ da sottolineare come nel 1979 quattro ex programmatori dell’Atari fondino la Activision, prima azienda a produrre esclusivamente software per macchine da gioco.
Le prime produzioni saranno proprio per le macchine Atari che risponderà con una serie di azioni legali, molto frequenti nel settore in quel periodo.
Non solo macchine dedicate: il videogioco diverrà una possibile applicazione di Home e Personal Computer che dalla seconda metà degli anni ’70 iniziano la loro lenta ma inesorabile diffusione.
Ma è soprattutto l’apporto di alcuni prodotti giapponesi alla fine del decennio ad essere l’artefice di importanti innovazioni nel settore.
Space Invaders (Taito - 1979) viene considerato il capostipite di una nuova generazioni di prodotti grazie alla prima caratterizzazione dei protagonisti del gioco5 e al livello di coinvolgimento in grado di offrire all’utente.
Pac-Man (Namco - 1980) è la prima vera star6 dei videogiochi: oltre a riscuotere un consenso enorme (anche da parte, per la prima volta, del pubblico femminile), otterrà copertine di giornali e magazine, dischi ai vertici per settimane delle classifiche e cartoni animati dedicati alla produzione nipponica.
Sono di questi anni i primi interventi di psicologi, intellettuali e sociologi sui videogames ma il dibattito si limita ad una discussione sui possibili effetti negativi che l’intrattenimento elettronico potrebbe avere sulle nuove generazioni.
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5: Gli alieni “invasori” della terra e che il giocatore doveva eliminare, presentavano a seconda della fila in cui erano schierati, delle forme piuttosto diverse. Per il 1979, quel tipo di tecnica grafica era impressionante.
6: L’origine di quel cerchio giallo senza uno spicchio inseguito da alcuni fantasmi in un labirinto ha una storia alquanto bizzarra: il suo autore, Iwatani, prende ispirazione dalla visione di una pizza a cui già aveva mangiato uno spicchio! Solo le limitazioni tecniche stilizzeranno il personaggio non in una pizza ma in un indefinito essere giallo…. Se aggiungiamo inoltre che l’idea di chiamare i due “operai” protagonisti dei più famosi giochi Nintendo, Mario e Luigi, nasce da alcuni dipendenti della Nintendo America che solitamente cenavano in una pizzeria italiana ed i cui proprietari si chiamavano Mario e Luigi (ed avevano una spiccata somiglianza ai protagonisti dei giochi) possiamo tranquillamente affermare di come la pizza sia stato un elemento fondamentale per il successo e lo sviluppo mondiale dei videogames.
Da Pac Man in poi, il mercato continuerà a crescere in modo esponenziale e sarà in grado di offrire ulteriori forme di intrattenimento con nuove tecniche (grafica vettoriale, laser game ed altri esperimenti meno riusciti) e modi di interazione tra macchina e uomo7.
L’eccesso della crescita ed il tentativo di alcuni nuovi arrivati nel mercato che proporanno titoli scadenti ma ad un prezzo più basso saranno il motivo nel 1984 di una pesante ma temporanea crisi del settore.
7: Ci stiamo riferendo, oltre ai tanti nuovi titoli usciti sempre più diversificati, anche ai giochi di ruolo elettronici, alle simulazioni gestionali e le avventure testuali.
1984-1993: L’ETA’ CLASSICA
Come già è stato fatto da altri, abbiamo deciso di definire questi 9 anni come “l’età classica” del videogioco perché è opinione piuttosto diffusa fra tanti players di tutto il mondo che in questo decennio siano stati prodotti i migliori titoli della storia: secondo i fautori di questa teoria, si era nel momento di maggior equilibrio tra le possibilità tecnico/grafiche (ancora non eccessive) e la strutturazione del gioco in sé.
Torneremo su questo importante concetto successivamente.
Superato il temporaneo sbandamento dell’84, la “fabbrica dei giochi”, per l’ambito casalingo si sviluppa in due direzioni: se in Giappone e nel Nord-America saranno le macchine esclusivamente dedicate al videogaming, le console (in particolare quelle prodotte da Sega e Nintendo) a prendere il sopravvento e diventare in modo stabile i “giocattoli” più venduti, in Europa si preferiranno gli home computer dei produttori Commodore e Spectrum come strumenti per videogiocare8.
E’ di questi anni l’importante passaggio dagli 8 ai 16 bit per i microprocessori principali di ogni sistema: ciò consente di iniziare ad usare un numero molto più elevato di colori, risoluzioni, oggetti sullo schermo impensabile fino a pochi anni prima ed anche dal punto di vista sonoro, ci avviciniamo ad una qualità da musica “reale”.
E’ veramente difficile scegliere per questo periodo i titoli che
8: La diffusione delle console tarderà di qualche anno nella zona europea ma in seguito comincerà ad avere larga diffusione. In Giappone avrà un discreto successo come Home Computer l’MSX, uno standard aperto a vari produttori come oggi Windows. Anche negli USA le macchine Commodore ebbero una certa diffusione come non mancarono le applicazioni ludiche per i primi modelli degli Apple di Steve Jobs che in precedenza aveva lavorato per Atari.
maggiormente hanno avuto una parte importante nell’evoluzione del
videogiocare casalingo e pubblico.
La scelta è caduta su 4 opere piuttosto diverse.
In Dragon’s Lair (Readysoft, Canada – 1984) si trovava sullo schermo un ottimo cartone animato realizzato dall’ex disegnatore Disney Don Bluth9: il giocatore non doveva far altro che eseguire dei movimenti elementari (destra, alto, sinistra, pulsante, basso e via dicendo…) al momento giusto per far proseguire il protagonista del gioco10 fino alla fine della storia.
Anche con un modo di gioco così semplice, Dragon’s Lair affascina: ci si trovava di fronte al primo tentativo di rendere interattivo qualcosa che fino a quel momento si era potuto vedere esclusivamente nelle sale cinematografiche. Il successo fu immediato e mondiale ma la fragilità della tecnologia laser11 (su cui era basato il gioco) e la noia dei giocatori che va a sostituirsi all’eccitazione iniziale, porterà a poche altre produzioni del genere12.
Rimane però l’importanza del prodotto della Readysoft che aprirà degli spiragli di evoluzione tecnico/grafica importanti soprattutto per le produzioni degli anni più recenti.
Tetris, progettato dal ricercatore e matematico russo Alexi Pajitnov e
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9: Autore poi di altri videogames e di lungometraggi che hanno insediato da vicino la leadership Disney nei film di animazione.
10: In un medioevo fantastico, il cavaliere Dirk deve salvare la principessa Daphne, catturata dalle “solite” creature infernali e prigioniera in un castello pieno di mille insidie.
11: Il costo di affitto delle macchine per i gestori delle sala giochi era molto più alto delle altre e la facilità con cui andava fuori uso (e quindi non generatrice di profitto) spinse molti esercenti a rimandare indietro in tempi brevi molti degli esemplari di Dragon’s Lair.
12: Sempre ad opera di Don Bluth e della Readysoft, citiamo Space Ace, la trasposizione in un futuro fantascientifico di Dragon’s Lair.
programmato da uno studente informatico moscovita nel 1987, è un gioco molto semplice: si tratta di incastonare in maniera adeguata delle forme geometriche che arrivano dall’alto (ad una velocità sempre più elevata) in linee orizzontali12.
L’intuizione di Pajitnov13 è geniale: sarebbe molto difficile ricordare tutte le versioni di Tetris uscite nelle sala giochi di tutto il mondo. Impresa ancora più ardua quella di elencare le successive trasposizioni su computer, console portatili e da casa14.
Il successo è planetario e crea anche una nuova fascia di giocatori: saranno milioni le copie di Tetris installate sui PC negli uffici di tutto il mondo15 e che appassioneranno dei giocatori dall’età più elevata del solito ma meno esperti in fatto di videogames.
Street Fighter II della software house giapponese Capcom nel 1990 rivoluziona il genere, già molto in voga da alcuni anni, dei combattimenti con tecniche di arti marziali e semplici calci, pugni e mosse più o meno corrette. Oltre ad una grafica sconvolgente per l’inizio degli anni ’90, ad un coinvolgimento di gioco molto elevato, Street Fighter II dava la possibilità
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12: Ci scusiamo per la non esauriente spiegazione ma descrivere Tetris a parole non è affatto semplice!
13: Per la cronaca, Pajitnov proporrà un altro paio di titoli sulla falsariga di Tetris ma saranno accolti molto freddamente dai giocatori.
14: Ironicamente J.C. Herz (J.C. Herz, “Joystick Nation”, 1997 Little Brown and Company) scrive: “Probabilmente il videogioco più simile alla droga mai inventato: con un livello di pratica sufficiente, riesce ad indurre stati simili alla trance. Non sono molte le cose certe nell’industria dei videogiochi, ma un articolo di fede è che Tetris ci sarà sempre, disponibile su ogni piattaforma fino al Giorno del giudizio”.
15: Ricordiamo come fosse anche possibile, premendo il “Boss Button” mettere immediatamente in pausa il gioco e passare ad una finta pagina di un foglio elettronico per prevenire le possibili visite dei propri capiufficio.
all’utente di scegliere 10 combattenti (sia maschili che femminili) originari di varie parti del mondo, ognuno con delle caratteristiche proprie di
combattimento ma anche con delle motivazioni diverse per cui combattere: la vendetta, il patriottismo (sia americano che sovietico), l’amore, la famiglia, la religione, l’auto realizzazione…
Il prodotto della Capcom, oltre ad essere uno dei più grandi successi nella storia dei videogames16, fa un grande passo in avanti nella caratterizzazione dei personaggi17: si potrebbe definire un’ autentica rivoluzione nel proporre i protagonisti di un gioco elettronico d’azione18.
L’ultimo rappresentante del decennio non è un gioco singolo ma l’insieme dei titoli firmati dalla nipponica Nintendo e che hanno per protagonista il simpatico personaggio di origine italiana noto al mondo con il solo nome di battesimo: Mario.
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16: Oltre alla Capcom stessa che produrrà un numero incredibile di seguiti del suo best seller con l’aggiunta di nuovi personaggi (anche i nemici del precedente che i giocatori umani non potevano utilizzare) e le battaglie con universi paralleli come quella contro i super eroi dei fumetti Marvel, saranno molti i produttori a gettarsi su questo filone così popolare.
Vanno ricordate in particolare la giapponese SNK che proporrà decine di titoli fortemente ispirati a Street Fighter 2 e la saga Made in Usa chiamata Mortal Kombat: il gioco cercherà di calamitare l’attenzione con una grafica ai primordi del foto realismo e soprattutto con l’uso massiccio di violenza gratuita che farà scatenare una nuova crociata negli Stati Uniti contro i videogames violenti. Il gioco della Midway otterrà un buon successo ma comunque di molto inferiore a Street Fighter 2.
In anni più recenti saranno le giapponesi Namco (la stessa di Pac Man) e Sega a darsi battaglia rispettivamente con i vari episodi di Tekken e Virtua Fighter.
17: Aneddoto di videogiocatore. Ricordo ancora un pomeriggio invernale maceratese di dieci anni fa, qualche partita in sala giochi e sentire un amico esclamare: “Lo devo dire, Guile (un marine americano protagonista del gioco) è il mio ideale di uomo”
18: Riguardo i giochi di ruolo parleremo più avanti.
L’idraulico più famoso del pianeta fa la sua prima apparizione nel lontano 1981 in “Donkey Kong”, uno dei primi “platform game”19 in cui aveva il
cruciale ruolo di salvare la sua dama da un simpatico scimmione20 emulo delle gesta di King Kong.
Il pubblico si innamora immediatamente del personaggio, della sua tuta rossa e delle forme rotondeggianti.
Mario sarà poi protagonista insieme al fratello Luigi21 di altri titoli per varie piattaforme con un successo sempre crescente che toccherà il suo apice22 nel 1990 con Super Mario Bros 3, considerato secondo molte statistiche come il gioco più venduto nella storia con un realizzo di circa 500 milioni di dollari.
Indubbiamente i titoli Nintendo erano incredibilmente piacevoli e divertenti ma per raggiungere questi risultati hanno dovuto dare qualche cosa di più: riuscire a creare un nuovo universo di fantasia con i suoi protagonisti, luoghi, suoni, antagonisti e regole, capace di reggere il paragone (e la sfida) con “l’impero” Disney.
Si sono spinti verso la stessa direzione di Pac Man ma sono andati molto più oltre.
Come l’eroe giallo, Mario riscuote un certo consenso anche nel pubblico femminile; pur se destinato agli utenti molto giovani è un best seller in ogni fascia d’età. Diviene una vera icona pop degli anni ’80 ed il suo successo traina anche gli altri co-protagonisti delle sue avventure23.
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19: Genere basato principalmente sul saltare da una piattaforma all’altra con ostacoli di vario tipo che impediscono il facile proseguimento nel cammino del protagonista.
20: Anche lui diverrà protagonista di molti titoli di successo.
21: Luigi non è altro che il “gemello” di Mario ma con la tuta verde. Proprio lui, il meno famoso dei due fratelli, sarà invece il protagonista del primo titolo di punta della nuova console Nintendo denominata Gamecube ed in cui Mario invece farà solo una fugace apparizione.
22: Ma anche i titoli successivi otterranno sempre vendite clamorose.
23: Oltre al già citato Luigi, ci saranno vari “animaletti”, il parallelo in cattivo di Mario e molti altri nuovi “attori”.
Nintendo farà enormi profitti con le licenze di Mario per il merchandising ma sarà sempre molto attenta nel difendere l’immagine24 della star con
attente valutazioni nel decidere su quali prodotti possa comparire e nelle azioni e movenze che deve compiere in apparizioni pubbliche25.
Non c’è ancora un personaggio nella storia dei videogiochi che si possa solo immaginare26 in grado di bissare i 20 anni di grandi successi che il signor “200 milioni di copie vendute” ha ottenuto.
24: Stupisce per questo il grande flop che ebbe il film dedicato a Mario.
25: Ci riferiamo chiaramente ai costumi che vengono indossati all’interno di centri commerciali per promozionare nuovi prodotti o altro.
26: La Sega, entrata in concorrenza diretta con Nintendo nella guerra delle console a 8 e 16 bit, ha cercato di controbattere con un porcospino blu chiamato Sonic e destinato ad un pubblico più maturo. Anche Sonic riscuoterà grande successo e nel corso degli anni saranno decine i titoli che lo vedranno protagonista ma il confronto, in una ipotetica sfida pugilistica, si concluderebbe alla prima ripresa per K.O. dopo pochi secondi a favore di Mario.
1993-2001: “STORIA CONTEMPORANEA”
E’ opinione comune e diffusa che siano stati due i principali fattori a rivoluzionare gli ultimi anni del videogaming.
Il primo è stato l’uso del Compact Disc come supporto per i dati (chiaramente non solo per i giochi).
Prima del CD, i dischetti utilizzati dai computer e i vari formati di cartucce per le console, potevano contenere un numero molto limitato di informazioni se paragonato a quello dei CD, capace di oltre 650 mega di bytes, cifra di circa 200/300 volte maggiore rispetto ai titoli precedenti spesso scomodamente inseriti in un numero piuttosto elevato di floppy disk.
Il CD si può considerare come uno dei principali strumenti anche della convergenza digitale: musica, videogiochi, film (se pure in maniera minore) potevano essere finalmente fruiti con un unico strumento.
Inserire nei giochi colonne sonore dalla stessa identica qualità dei CD audio diviene un operazione molto semplice come con la tecnica del Full Motion Video, diverrà abitudine inserire veri e propri filmati all’inizio, alle fine o all’interno del gioco stesso ad esempio fra un livello e l’altro.
In questo periodo assistiamo ai primi tentativi di film interattivi27: il problema è che gli utenti non si accontenteranno di trovarsi di fronte a degli aut-aut in stile kirkegaardiano dove semplicemente si indicava all’attore di prendere la strada buia o quella illuminata e come successe per Dragon’s Lair, allo stupore iniziale, subentrò l’indifferenza degli utenti.
27: Oltre che sul PC, gli esperimenti furono fatti sulla console Philips CD-I e 3DO, quest’ultima prodotta da più marche fra cui la Matsushita.
Entrambe miravano a non essere semplici macchine da gioco ma ad entrare nei salotti come uno strumento multimediale per giocare, ascoltare musica, vedere film ed usare altri programmi educativi come enciclopedie e prodotti culturali di vario genere. Forse l’eccesso di coraggio delle due compagnie portò ad un totale insuccesso delle due macchine.
Con il Compact Disc e il parallelo monopolio costituente di Windows che spazzò via dalla competizione il Commodore Amiga (che nel campo dei videogiochi per computer aveva regnato incontrastato per almeno 5 anni) e ridusse le macchine Apple ad un target di nicchia, milioni di giocatori trovarono nelle macchine “targate” da Bill Gates l’unica possibilità per giocare su computer ma è indubbio di come su questa piattaforma nel passato ed oggi si scrivano importanti passi della storia che vi stiamo raccontando.
L’altro evento degli anni ’90 è l’arrivo tra i produttori di console della Sony.
Il colosso giapponese aveva una minima conoscenza nel settore dei videogiochi28 e la stragrande maggioranza degli analisti di mercato non gli tributava alcuna possibilità di scalzare dai vertici Nintendo e Sega.
Mai nessuna previsione fu così sbagliata.
La Playstation non solo sarà la console più venduta al mondo29 ma diverrà un vero fenomeno di costume: per la prima volta sarà “trend” essere videogiocatori!
La strategia di Sony si basò sull’alzare l’età del target di riferimento del suo prodotto30 e conseguentemente la maggior parte dei titoli rispecchiavano questa scelta con storie, estetiche, contenuti e forme plausibilmente indirizzati ad un target fra i 16 e i 30 anni.
28: Fu tra i vari produttori (e neppure con entusiasmo) dello standard MSX durante gli anni ’80.
29: Solo con il fattore “Pokemon”, Nintendo con l’Ultra 64, riuscirà ad avvicinarsi alle cifre di Sony, mentre Sega dopo il fallimento del Saturn proporrà una nuova macchina chiamata Dreamcast ma anche in questo caso il flop sarà così marcato da indurre Sega ha ad uscire dal mercato hardware e continuare solo a produrre software per sala giochi e per le macchine di quelli che fino a pochi mesi fa, erano i suoi diretti concorrenti.
30: In realtà già Sega si presentò con delle macchine pensate per una fruizione più adulta rispetto a Nintendo ma lo fece in maniera non troppo decisa e marcata.
Tramite la PSX, l’evoluzione del concetto di film interattivo inizia ad essere realmente coinvolgente per il giocatore e grazie anche ad una politica di marketing piuttosto innovativa31, possiamo affermare di come la Sony sia riuscita a rivoluzionare gli usi, le modalità ed il concetto stesso di videogioco. Parlare di tempi così recenti e scegliere quei prodotti che maggiormente hanno avuto un ruolo importante in questa evoluzione non è una scelta così semplice ma abbiamo voluto “azzardare” 4 nomi.
Doom (Id Software – Usa, 1993) è stato il primo gioco32 3D d’azione in cui la prospettiva di gioco era sempre in soggettiva: su schermo non avremmo mai visto il protagonista ma quello che potevano vedere i suoi occhi e che potevamo gestire a nostro piacimento in ogni direzione dello spazio tridimensionale creato.
Doom è stato solo l’inizio di uno dei generi più floridi degli anni ’90 e che ancora oggi non sembra conoscere alcuna sorta di crisi.
Quasi sempre, in questo genere, il nostro scopo è di uccidere ogni forma vivente che incontriamo nel corso dei livelli: lascio a voi immaginare cosa abbia potuto scatenare un realismo mai visto fino a quel momento, la forte stimolazione sensoriale33 e la violenza gratuita del titolo34.
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31: Tutta la campagna pubblicitaria di Sony si basò nel mostrare il meno possibile i giochi sia in TV che nei manifesti, cercando invece di calamitare l’attenzione dei consumatori con “scenette” di vario genere riguardo la potenza della sua macchina o di altro genere. Visto il successo di questa strategia, si sono ripetute le stesse modalità per l’uscita della Playstation 2.
32: Gli stessi programmatori avevano già distribuito in forma gratuita un gioco molto simile a Doom chiamato Wolfenstein 3D.
33: Comunque abbastanza tipica per tante delle nuove produzioni.
34: Una precisazione: non si vuole in questo testo aprire un capitolo sui possibili effetti della violenza dei videogiochi ma abbiamo riportato sempre le polemiche su quest’argomento per evidenziare il fatto che fino a tempi recenti, questo sia stato l’unico motivo per cui la stragrande maggioranza (vicino all’unanimità) di intellettuali, medici, psicologi e sociologi prendeva la parola sui videogiochi, chi per difenderli, chi per attaccarli.
Se Doom nasce su PC, Wipe Out (Psygnosis – Inghilterra 1995) è stata una delle prime “killer application”35 per Playstation.
Il gioco ci porta in un futuro non meglio precisato dove le corse di Formula Uno vengono sostituite da vetture volanti in grado di raggiungere velocità elevatissime.
Wipe Out propone un’estetica scioccante con uso massiccio di colori sgargianti e “buca” lo schermo per la sensazione di velocità.
Ma il titolo è importante anche perché sarà l’inizio36 della collaborazione tra il mondo dei videogames e musicisti già noti al grande pubblico37.
Nel 1996 farà la sua apparizione in contemporanea su PC e Playstation, la donna virtuale più famosa del mondo, Lara Croft, protagonista della serie Tomb Raider (Eidos – Inghilterra 1996) già arrivata al suo 5° episodio.
Oltre ai successi di vendita e alla validità del prodotto38, la signorina Croft diviene un vero oggetto di culto: poche “pin-up” degli anni ’90 possono contare su un numero di fan superiore a quello dell’archeologa virtuale.
I poster dell’eroina di casa Eidos, invadono le stanze di milioni di teenagers ma anche Bono Vox, leader del gruppo degli U2, rimane affascinato dalle forme e dalla personalità decisa della Croft che diverrà il soggetto
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35: Con killer application si intendono quei titoli che per la loro innovazione o fascino riescono a convincere un numero elevato di utenti ad acquisire la piattaforma su cui questi giochi si possono utilizzare.
36: In realtà già alcuni prodotti su Amiga firmati dai Bitmap Brothers contenevano canzoni realizzate da gruppi noti come i Bomb The Bass ma le limitazioni tecniche non permettevano agli artisti di potersi esprimere liberamente o riproporre in maniera completa i brani che avevano già lanciato sul mercato discografico.
37: In Wipe Out sono presenti i Prodigy, Chemical Brothers, Orbital, Future Sound of London e altri dei maggiori rappresentanti della nuova scena musicale techno degli anni ’90.
38: Lara Croft è una novella archeologa in giro per il mondo alla scoperta di incredibili segreti in grado di segnare i destini del mondo. Qualcuno ha trovato molte somiglianze con Indiana Jones, ma Lara usa molto più frequentemente le armi per andare avanti nelle sue esplorazioni.
principale delle immagini trasmesse sui mega schermi durante i concerti della band irlandese.
E’ di quest’anno l’uscita del film dedicato a Tomb Raider: secondo i produttori la parte più complessa della lavorazione si è avuta nel momento di decidere l’attrice che avrebbe dovuto interpretare Lara, scelta poi caduta sulla “mia coetanea” Angelina Jolie.
L’ultimo titolo che conclude la nostra breve, se pur intensa, sintesi, è il capolavoro Konami chiamato Metal Gear Solid (Giappone, 1998).
Forse è la prima volta che per descrivere un prodotto videoludico, non sarebbe il caso di iniziare a parlare della modalità di gioco ma della sua trama39 visto che Metal Gear è forse il miglior rappresentante di una complessità narrativa degna di un lungometraggio cinematografico.
Non sono solo i contenuti ad avvicinarsi al linguaggio filmico ma anche le “riprese”: più telecamere mobili seguono le azioni del personaggio e a seconda del movimento che compie, il regista “virtuale” trova sempre l’angolazione più spettacolare da mostrarci.
Il titolo Konami è il miglior prodotto per concludere la storia e tornare al presente.
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39: Sintetizzando in maniera estrema, si narrano le gesta di un agente segreto mercenario oramai in ritiro con i suoi cani nelle gelide terre d’Alaska che viene richiamato forzatamente dal governo americano per fermare il ricatto atomico di alcuni soldati super specializzati e manipolati geneticamente.
Proseguendo nel gioco, si scoprirà di come dietro la storia che raccontano a Solid Snake (nome del protagonista) ci siano intrighi, complotti, esperimenti genetici che vedono coinvolti governi, multinazionali e lobby segrete in un susseguirsi di colpi di scena sempre più emozionanti.
STORIE PARALLELE:
MACCHINE PORTATILI, GESTIONALI,
AVVENTURE,GIOCHI DI RUOLO E PIRATERIA
Per concludere questo breve sunto sulla storia del divertimento elettronico, sono ancora necessarie alcune righe per scrivere di vicende parallele a quelle descritte fino a questo momento.
Il motivo di lasciare alcuni argomenti a parte, è dettato dagli obiettivi di questo elaborato ma ci sembrava comunque doveroso riportarli per dare un quadro completo del tema.
DIVERTIMENTO PORTATILE
Oltre ai sistemi casalinghi e alle sala giochi pubbliche, nel corso dei decenni si è andato sviluppando anche il divertimento portatile.
Da semplici giochi singoli (in Italia furono rinominati “schiacciapensieri”), si è passati a vere console sempre più potenti tanto che l’ultima produzione Nintendo, il Game Boy Advance, ha delle capacità hardware superiori ai sistemi da casa al top del mercato solo qualche anno fa e con milioni di esemplari già venduti a pochi mesi dall’uscita.
Ancora da decifrare la risposta del pubblico alla sinergia fra videogioco da casa e portatile che è stata sperimentata dalle console di ultima generazione di Sega e Sony.
STRATEGICO-GESTIONALI, SIMULAZIONI,
AVVENTURE E GIOCHI DI RUOLO
I quattro generi appena elencati rappresentano i principali modi di produrre
videogiochi non di azione38.
Gli strategico-gestionali sono programmi in cui l’utente si fa carico di responsabilità di varia natura come amministrare e controllare una città, un palazzo, l’evoluzione dell’uomo o addirittura l’intero universo attraverso le decisioni su un numero possibile di variabili. Sim City, Civilization e Popolous sono fra i principali successi di questa tipologia che su PC gode di un nutrito seguito.
Le simulazioni hanno nel realismo il proprio fine: sono infatti frequenti i casi di interscambio, ad esempio, tra il software in dotazione alle aeronautiche di ogni parte del mondo per addestrare i propri piloti ed i simulatori di volo destinati al mercato. Gli utenti dei simulatori frequentemente sono videogiocatori esclusivamente di questo genere.
Chi si è imbattuto nelle prime avventure elettroniche si trovava di fronte allo schermo un testo che ad un certo punto della storia narrata chiedeva di fare delle scelte39 che avrebbero influito sul proseguire della vicenda.
Al testo si è poi sostituita la grafica e possiamo considerare anche i primi film interattivi come della avventure40.
Con il passare degli anni sempre più giochi “arcade”41 hanno iniziato ad acquisire elementi di questo genere al punto tale che oggi proprio i più
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38: In cui, forse un po’ brutalmente, inseriamo i platform (Mario & Co.), i giochi di combattimento (Street Fighter ed i suoi “figli”) , gli sportivi (pensate a qualsiasi sport, esisterà sicuramente un videogame), i rompicapo (Tetris e migliaia di altri titoli), gli shooters di vario genere (Doom e soci, ma anche Space Invaders ed “eredi”…) ed i vari ibridi dei generi appena citati.
39: La poca potenza delle macchine di allora, più di venti anni fa, comportava situazioni abbastanza paradossali in cui se non si fosse usata la parola esatta che il programma richiedeva, l’utente non aveva possibilità di andare avanti nel gioco.
40: Se pur banali e poco interattive.
41: Termine sinonimo di azione per i videogiochi.
grandi successi (Tomb Raider, Alone in The Dark, Shadow Man, Resident Evil e tantissimi altri) sono chiamati appunto arcade-adventure 3D.
Riguardo i giochi di ruolo, devo confessare la mia non approfondita conoscenza in merito, quindi preferisco citare J.C. Herz (J.C. Herz “Joystick Nation”, 1997 Little Brown and Company) che dà la seguente definizione: “I giochi di ruolo si svolgono come lunghe e complesse narrazioni epiche delle gesta di una banda di personaggi che viaggiano, saccheggiano e combattono con azione di squadra. Hanno le loro radici nei giochi da tavolo degli anni ’70… si basano sulla statistica, la probabilità e le mappe…”.
I Gdr, quasi sempre ambientati in mondi epico “fantasy” o futuristici , per loro natura sono molto longevi42 e costringono i produttori a creare delle trame piuttosto complesse ed articolate che hanno aiutato tutta la produzione di videogiochi a crescere in contenuti.
L’altro aspetto di interesse di questo genere è il gioco on line che permette agli appassionati di condividere le stesse avventure e da lì è frequente un uso simile alle chat line per socializzare virtualmente con persone di ogni angolo del mondo.
La saga di Ultima dell’americana Origin e quella nipponica di Final Fantasy43 della Square Soft, sono due dei più grandi successi in assoluto nella storia dei videogiochi.
PIRATERIA
Tema scottante la pirateria che ha riempito molte pagine dei magazine dedicati ai videogames.
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42: Per concludere alcuni di questi titoli sono necessarie a volte fino a 60 ore di gioco.
43: Anche da Final Fantasy è nato un film completamente in computer grafica che ha diviso critica e pubblico.
La facilità con cui è stato possibile copiare44 illegalmente il software ed un certo lassismo da parte delle autorità internazionali almeno fino a quando il mercato non ha acquisito una certa importanza, secondo molti è stato un fattore influente sulla direzione dello sviluppo dei videogames come ad esempio la preferenza delle software house di programmare sui sistemi a cartucce molto più difficili da copiare rispetto ad un floppy disk o ad un cd.
D’altra parte, ci sono strenui sostenitori di una visione opposta: solo con software, se pur illegale, a basso prezzo il videogaming è potuto diventare un fenomeno di massa.
Ciro Ascione (C.Ascione, “Videogames – Elogio del tempo sprecato”, Minimum Fax 1999) afferma riguardo la Playstation Sony: “Schiere di ragazzini accaniti e sudati (…) che si scambiano CD pirata comprati per quattro soldi. E’ proprio la natura “proletaria” ad aver fatto la fortuna della PSX: software facilmente duplicabile, basso costo della console (…) (riguardo il Nintendo 64) la distribuzione di software su cartucce anziché su CD per bloccare le duplicazioni pirata è stata una scelta perdente, se la PSX è diventata così popolare, è anche per merito della pirateria”.
Come per la violenza, non si vuole dare un giudizio sulla questione pirateria ma anche questo elemento fa parte di un background storico “minimo” che abbiamo voluto raccontarvi per capire meglio, forse, il presente ed il futuro del videogaming.
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44: Ed oggi il modo migliore per procurarsi software illegale è “avventurarsi” nei meandri di Internet dove esistono autentiche banche dati con migliaia di titoli ma anche con il rischio di virus.
DI FRONTE A NOI:
IL VIDEOGAMING DEL PRESENTE
Le coordinate guida dello sviluppo attuale
IL MERCATO E LA PRODUZIONE GLOBALE
Come già anticipato in precedenza, il mercato del divertimento elettronico è cresciuto al punto tale da superare, in termini di fatturato, prima l’industria discografica e poi quella del cinema.
Ma produrre videogames, soprattutto negli ultimi 5 anni, ha significato anche molti altri cambiamenti.
Se nella “preistoria” era sufficiente un singolo programmatore in grado di scrivere il codice del programma ma anche la grafica ed il sonoro del gioco, la potenza a disposizione del nuovo hardware ha si permesso di avere strumenti più flessibili e in grado di dare “mano libera” a realizzatori del concept di gioco e agli artisti audiovisivi, ma contemporaneamente ha alzato in maniera esponenziale i costi di produzione: per un titolo di fascia medio-alta, oggi bisogna costituire un team di decine (a volte centinaia) di persone che lavorano sul prodotto in media per un anno1. Un esempio: la realizzazione della colonna sonora, ha molte caratteristiche simili a quelle di un film oppure, in altri casi, ad una produzione discografica.
Servono quindi ingenti investimenti per un singolo prodotto e per ottenere profitti è chiaro che sarà necessaria una diffusione globale nel mondo2 : ciò implica una distribuzione capillare a livello planetario ed una politica di
1: Ma a volte può succedere di arrivare fino a 5 anni, come ad esempio per Max Payne della 3D Realms, di cui parleremo in seguito.
2: I mercati principali dei videogames sono tre: il nord-americano, il nipponico e l’europeo. Di minore importanza l’australiano e l’asiatico (Giappone escluso).
marketing oculata3 che solo in pochi possono permettersi ed hanno a disposizione.
Per questo, come già successo in altri settori economici, la “globalizzazione” ha portato ad una drastica riduzione delle aziende sul mercato, concentrando la produzione mondiale nelle mani di poche decine di “nomi”.
C’è chi ha deciso di compiere una fusione fra varie aziende come nel caso della Eidos (i produttori di Tomb Raider) in cui sono confluite le maggiori software house britanniche di un tempo.
Chi, forte della sua posizione sul mercato, come la francese Infogrames, ha comprato aziende in crisi o comunque incapaci di far fronte alle caratteristiche del nuovo mercato.
L’altra strada intrapresa negli ultimi anni per far fronte alle nuove esigenze è quello delle collaborazioni e delle partnership in cui ad esempio un gruppo di programmatori decide di continuare il lavoro in maniera autonoma ma trova poi una multinazionale che si occupa della distribuzione, del marketing, della localizzazione4, delle public relation, della parte commerciale in genere.
Le collaborazioni possono anche essere fra “giganti”: la nipponica Square Soft, produttrice della saga best-seller Final Fantasy, ha deciso di
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3: Tra i vari strumenti di marketing usati, è sempre più frequente l’uso di indagini di mercato per scoprire i gusti dei consumatori e realizzare i protagonisti dei nuovi titoli con le caratteristiche estetiche, caratteriali e psicologiche possibilmente vicine alle preferenze maggiormente riscontrate.
Negli ultimi anni le software house decidono di puntare sempre più sui personaggi e giochi già affermati e proporre seguiti con una certa frequenza e regolarità senza rischiare troppo con esperimenti o nuovi soggetti.
4: La traduzione dei dialoghi, dei sottotitoli, del manuale ma a volte anche a delle modifiche dei contenuti del programma stesso per varie motivazioni come l’aggirare il divieto di vendita ad alcune fasce di età: in alcuni paesi, USA in testa, i metri di giudizio degli organi che hanno potere in merito a queste decisioni sono maggiormente restrittivi.
appoggiarsi all’americana Electronic Arts5 per la distribuzione dei suoi prodotti negli Stati Uniti e in Canada con ottimi risultati economici per entrambi.
IL ROSPO DIVENTA PRINCIPE:
HOLLYWOOD CERCA STAR DISPERATAMENTE
Anche il rapporto fra cinema e videogames si è profondamente modificato.
Se fino a alla metà degli anni ’90, era l’entertainment informatico a guardare ai lungometraggi per idee, stili e personaggi6, oggi è soprattutto Hollywood a cercare nuove star tra gli eroi virtuali come la già citata Lara Croft di Tomb Raider, i violentissimi guerrieri di Mortal Kombat7 e Street Fighter II, l’ironico Duke Nukem e molti altri che presto arriveranno sul grande schermo8.
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5: Secondo alcune indagini di mercato, la Electronic Arts si può considerare come la più grande software house del pianeta. Oltre alla collaborazione con la Square Soft, vanta tra gli altri nel suo catalogo le produzioni della Westwood e della Maxis, autori dei titoli più venduti per PC come Sim City, Blade Runner, Command & Conquer, Red Alert, The Sims e molti altri. La E.A. si può anche considerare come la prima ad aver iniziato la strategia del seguito prestabilito: infatti ogni anno (sempre nello stesso periodo) escono le nuove versioni dei loro titoli sportivi come Fifa Soccer, NBA Live, NHL, John Madden’s Football e molti altri.
6: I “tie-in” sono dei titoli basati sulla storia e i personaggi di un film. La prima ad inaugurare questo tipo di produzioni fu l’Atari con E.T. di Steven Spielberg. Certi che il nome sarebbe bastato ad ottenere un successo senza precedenti, realizzarono un prodotto piuttosto scadente che fu accolto in maniera così negativa dal mercato tanto da non riuscire a recuperare neppure i costi per l’acquisizione dei diritti.
Non solo: E.T. fu anche il fattore scatenante della grande crisi dei videogames nel 1984.
7:Da cui è nato anche un serial TV.
8:Nel caso poi di Final Fantasy, un film realizzato completamente in computer grafica, il confine fra cinema e videogiochi è piuttosto labile. Il tentativo (secondo molti fallito) era quello di sostituire agli attori dei modelli 3D capaci di non fare rimpiangere uomini in carne ed ossa. Il realismo di questi personaggi è veramente impressionante ma risultano carenti nella recitazione…. Due anni all’Actor’s Studio forse farebbero bene anche a loro!
Ma il cinema, soprattutto per le pellicole destinate al pubblico più giovane, sembra sempre più orientato ai ritmi frenetici, ai montaggi “esagerati” che sono tipici di quelle produzioni elettroniche che per “nascere” hanno precedentemente guardato, loro, alle tecniche cinematografiche.
INDOVINA CHI PROGRAMMA UN VIDEOGIOCO
Anche chi ha sempre pensato che il modo migliore per esprimere storie e pensieri fosse il formato cartaceo9, negli ultimi anni si sta avvicinando con maggiore frequenza ai videogiochi.
Paulo Coelho Clive Barker, Frank Herbert, Tom Clancy, Michael Crichton, Bernard Weber sono i nomi più noti di una lunga lista di autori che hanno deciso di trasporre alcuni romanzi o scrivere una sceneggiatura appositamente per un prodotto elettronico.
Per il nostro percorso, sono utilissime le dichiarazioni di Clive Barker10 che afferma: “Ho appena finito di scrivere un libro e nel corso della stesura mi è capitato spesso di pensare ad un videogame. Ci sono dei momenti nei quali alcuni personaggi devono prendere delle decisioni. Fosse stato un gioco avrei potuto sviluppare la narrazione su piani diversi. Solo i videogiochi offrono tanta libertà (…) Il vero difetto dei videogame oggi è la loro prevedibilità, Eppure nessun gioco è così potenzialmente ricco di emozioni. Io ho intenzione di esaltare questo aspetto (…) Non penso che nessuno abbia ancora scritto il Moby Dick o l’Oliver Twist dei videogiochi. Ci vorranno almeno 10 anni, e richiederà un leggero cambiamento nelle aspettative dei giocatori, in quello che i motori grafici possono fare, e quello che noi creatori vogliamo rischiare. Ma immagino un gioco che abbia la drammaticità di un’opera teatrale, la complessità narrativa e
9: Non ci riferiamo solo agli scrittori ma anche agli autori e disegnatori di fumetti.
10: Dopo Stephen King, il più importante autore al mondo di libri “horror”.
l’impatto emotivo di un libro e che al tempo stesso mantenga le cose che ti
può dare solo un gioco: la possibilità di scegliere la strada che vuoi, senza mai ripetersi due volte. Non c’è ancora un gioco così, ma arriverà.”
Inutile negarlo, devo alle precedenti frasi di Clive Barker la scintilla iniziale di questo elaborato.
WORLD IS ON LINE
Il gioco on-line “linka” milioni di videogiocatori che ad ogni latitudine del mondo si collegano dalla propria postazione, chi per competere in giochi sportivi e di corsa, chi per formare una sorta di “gang” virtuale e sfidare i rivali in combattimenti all’ultimo sangue nelle arene fornite dalla quasi totalità degli shooter in commercio, oppure per esplorare nuovi mondi e città nei giochi di ruolo11.
Le caratteristiche di gioco “multiplayer” si differenziano in maniera netta dal gioco singolo perché l’interazione non avviene più con una intelligenza artificiale (o non solo) ma con quella di altri esseri umani.
Molti li amano alla follia, altri non la considerano ancora una modalità di gioco interessante.
I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori
Fabrizio Tropeano
Si fa presto a dire… Game Over
Idee, percorsi e possibili sviluppi per cancellare i pregiudizi culturali e d'uso intorno al videogaming dopo 50 anni di storia
PREFAZIONE
INTRATTENIMENTO, NIENT’ALTRO CHE INTRATTENIMENTO…
Di fronte alla richiesta di un mio lettore di perorare la causa dei videogiochi in ambito accademico, non ho potuto esimermi dal dare il mio contributo in proposito.
Quello dei videogame è un discorso interessante, perché in esso credo sia possibile vedere il percorso di altre forme espressive del secolo appena passato, prime fra tutte il cinema e la musica rock.
Che l’uomo sia sempre stato spaventato dalle novità ma che al tempo stesso le abbia cercate, credo sia innegabile. Ad esempio, con la scoperta delle prime locomotive, numerose furono le persone convinte che il viaggiare a una velocità superiore a quella di un cavallo avrebbe impedito una corretta respirazione e, quindi, causato la morte per asfissia.
È curioso notare come proprio un mezzo di trasporto così contestato all’epoca sia stato oggetto dei primi filmati creati nel 1895 a Lione dai fratelli Lumière, che volevano mostrare le potenzialità della loro invenzione.
Eravamo agli albori del cinema ma questo momento era vissuto dai suoi stessi creatori non tanto come possibile forma d’arte, bensì come un semplice mezzo d’intrattenimento alternativo a quelli già esistenti. Arriviamo quindi, e qui mi riallaccio a quanto scritto in precedenza, all’avvento della musica rock: anche in tal caso le accuse rivolte a coloro che si esibivano in questa forma di espressione erano tra le più pittoresche che si siano mai potute sentire nella seconda metà del ‘900, superate forse da quelle rivolte al mondo dei videogiochi e ai suoi membri.
Credo sia inutile commentare le accuse di satanismo rivolte ai Rolling Stones, quelle di devianza affibbiate ai Beatles, così com’è superfluo notare che ormai i treni sono un mezzo di trasporto addirittura superato in velocità e che questi costituiscono tutto fuorché la principale musa ispiratrice per la cinematografia contemporanea.
I videogiochi non sono da meno e, adesso che sono diventati un fenomeno di massa, passato il periodo sabbatico dell’accettazione da parte dei garanti dell’informazione, possono cominciare a respirare dalle accuse, peraltro non ancora del tutto sopite, gettate loro addosso da quei tanti che hanno visto in questa forma di intrattenimento una panacea alla spiegazione dei mali che affliggono la società odierna.
Opinione di chi scrive è che al momento i videogiochi non siano altro che un intrattenimento elettronico che rispecchia l’ormai raffinata visione del divertimento della ricca civiltà occidentale.
Giocattoli interattivi dal diverso spessore a seconda della fascia cui essi sono rivolti, non meritano certo le invettive di cui sono stati fatti oggetto recentemente. Al pari della danza in discoteca, della lettura di un libro, della visione di un film o di una partita a pallone, essi non sono che una forma di svago la cui intensità di fruizione spetta alla coscienza di chi se ne serve.
Le accuse di fomentare l’alienazione dei giovani d’oggi sono infondate nella stessa misura in cui si considera che altre “forme d’intrattenimento” possono portare alle medesime conseguenze: non si riescono altrimenti a spiegare gli atteggiamenti di coloro che vivono per la serata in discoteca, la partita allo stadio o, ancora, di chi passa i pomeriggi e le serate davanti ad abulici format televisivi.
In una società che gioca allo scaricabarile con l’educazione, con i genitori che l’affidano alle scuole e queste ultime che la respingono ai mittenti, risulta evidente l’importanza che riveste la formazione caratteriale e culturale che si impartisce ai propri figli. Una volta che questi hanno gli strumenti corretti per analizzare la realtà che li circonda, vivere la propria vita in modo equilibrato e dare la giusta misura alle cose, ecco che i rischi paventati dai detrattori del mondo dei videogiochi cessano di esistere.
I casi da notiziario di bambini caduti in preda alle crisi epilettiche (quando non già predisposti ad esse) o, peggio, collassati di fronte ai monitor dopo sedute interminabili, credo siano imputabili più all’incuria di chi li ha in responsabilità che non al media prescelto dalle “vittime”.
Alla stessa stregua, coloro che accusano i videogame di plagiare le menti dei più giovani dovrebbero puntare il loro indice accusatore più verso l’operato delle famiglie che non, ancora una volta, verso una mera forma d’intrattenimento.
Se una critica si può muovere ai videogiochi del giorno d’oggi è quella di non riuscire a staccarsi da semplice forma d’intrattenimento ed evolversi piuttosto in una forma d’arte, occasione questa che la popolarità e l’accettazione da parte delle masse sta dando loro.
La scelta delle produzioni è ancora basata unicamente su considerazioni di botteghino, in virtù anche degli alti costi di produzione dei videogiochi del giorno d’oggi.
Purtroppo tra l’altro, forse a causa dell’età media cui l’intrattenimento elettronico si rivolge, a differenza di quanto accade nell’industria del cinema le produzioni “indipendenti” hanno scarsissimo successo, il che provoca un notevole appiattimento verso il basso delle realizzazioni videoludiche.
I tempi comunque stanno cambiando, e mentre una volta chi passava il proprio tempi coi videogiochi era considerato un disadattato e comunque una persona “out”, ormai per quelle che sono le tendenze attuali si è “out” se non sia ha a casa una PlayStation 2, agli occhi dei suoi promotori una macchina da intrattenimento costosa, d’immagine e rivolta a quella fascia d’utenza non certo adolescente che insieme ai videogiochi c’è cresciuta. Passerà del tempo e alla fine ciò che una volta destava scalpore diventerà consuetudine, e guardando alle accuse mosse ai videogame ci si riderà sopra, così come lo si fa ora pensando a quanto si è detto a suo tempo di locomotive, cinema e musica rock.
Stefano Silvestri*
*Caporedattore di The Games Machine
Da 10 anni, la rivista di videogiochi per PC più venduta in Italia
PERCHE’ SCRIVERE DI VIDEOGIOCHI?
E’ da qualche anno che in termini di fatturato, il mercato dell’entertainment elettronico ha superato per dimensioni quello cinematografico e musicale.
L’offerta si è variegata, proponendo titoli sempre più eterogenei e complessi con ingenti investimenti da parte delle software house che a volte superano le produzioni cinematografiche.
Gli “eroi digitali” protagonisti dei titoli di maggior richiamo hanno una fama pari (se non superiore, a volte) ai cantanti pop e ai divi cinematografici.
L’uscita di nuove console, macchine dedicate esclusivamente al videogiocare, hanno completamente disatteso (in positivo) le tipiche curve per descrivere il ciclo di vita di un prodotto, ottenendo nel giro di poche ore l’esaurimento delle scorte disponibili.
Il gioco on line è una forma di intrattenimento capace già di coinvolgere milioni di persone al mondo e con possibilità di rapporti sociali molto più ampie delle chat.
E se anche Bill Gates non si è accontentato di creare all’interno di Microsoft un comparto dedicato alla produzione di videogames per PC ma è voluto entrare direttamente anche nel mercato delle console con l’X-Box, ciò potrebbe significare che le possibilità di crescita sono ancora ampie.
Ma a fronte di questi dati economici, il “videogiocare” non ha ancora acquisito tanti degli elementi che un medium dalle caratteristiche così uniche meriterebbe di avere.
Tranne rarissime eccezioni, quotidiani, periodici e telegiornali e media non specialistici in genere, dedicano percentuali irrisorie del loro tempo e spazio ai videogames se paragonato a quello dato a cinema, libri e musica, per non parlare dei talk show in cui l’unico motivo per tirare in ballo il divertimento elettronico è riguardo le possibili influenze negative dei titoli a più alto contenuto violento sui giocatori più giovani.
Da un punto di visto accademico, esistono pochi casi al mondo in cui il “videoludus” sia riuscito ad entrare nelle scuole e nelle università in maniera stabile e le pubblicazioni di testi riguardo l’argomento (sotto un punto di vista sociale o culturale) sono ugualmente non frequenti (in Italia non esistono più di 6/7 titoli al riguardo compresi quelli tradotti da altre lingue).
A differenza del cinema e della musica, non c’è in questo mercato un’alternativa stabile al “mainstream” (i prodotti di massa, solitamente ad elevato budget) in grado di offrire una diversificazione maggiore dei prodotti sia sotto il profilo dei contenuti che delle forme.
Dopo quasi 50 anni di storia del videogaming, avere più di 30 anni e dichiararsi videogiocatori nella maggior parte dei casi significa essere considerati “bambinoni” troppo cresciuti o comunque al di fuori della cosiddetta “normalità” e immaginarsi che il videogioco sia argomento da salotto è oggi per i “gamers” ancora solo una splendida utopia.
Quanti, se non una piccola nicchia di appassionati, conoscono i nomi di sceneggiatori o programmatori anche dei titoli più famosi?
E le dissertazioni interminabili di vari generi di intellettuali che si “sprecano” per il cinema, per la musica o l’arte figurativa?
Mai sentiti per videogiochi anche con una splendida trama, una più che rispettabile introspezione psicologica dei personaggi e dall’estetica elegante?
Quello che proveremo a dimostrare nelle pagine seguenti, dopo una breve storia dell’evoluzione dei videogiochi, è che i motivi di questo “riconoscimento” ancora parziale non sono attribuibili alle caratteristiche del medium in sé ma alla sinergia di pregiudizi culturali, sociali ed ideologici radicati nei non videogiocatori e dalle caratteristiche predominanti di produzione in questi primi 50 anni di videogaming: i due fattori hanno generato il tipico meccanismo del “cane che si morde la coda” ma illustreremo nell’ultima parte di questo testo come si possano già citare esempi di prodotti in grado di aprire un varco verso una nuova era del videogiocare, capace di trovare usi, forme, utenti e contenuti complementari a quelli esistenti.
Opere capaci di mostrare la possibile trasformazione dell’entertainment elettronico nello strumento principe di narrazione audiovisiva.
NOTA INIZIALE
ETIMOLOGIA DI “VIDEOGIOCO”
Dopo interminabili discussioni con colleghi di studio, intellettuali, professori e semplici giocatori appassionati sull’importanza di definire cosa sia il videogioco, mi è sembrato opportuno aggiungere questa breve nota iniziale sull’etimologia di questo neologismo.
Sia chiaro: la questione rimane molto aperta ed anche le opinioni espresse in alcuni dei testi presenti nella bibliografia sono estremamente discordanti se non opposte.
Il motivo di questa difficoltà nasce dal periodo di forte convergenza digitale e non risulta affatto semplice trovare discriminanti stabili per suddividere in maniera radicale sia i nuovi che i vecchi media traghettati sulle piattaforme elettroniche.
Ho deciso di fornire questo punto di partenza per un’operazione di chiarezza semantica ma proprio una parte di questo testo sarà incentrata riguardo il possibile superamento delle concezioni attuali e di come, processo già in atto, la convergenza non sarà solo tecnica ma anche nel contenuto e nella interazione fra macchina e uomo.
Reputo comunque che Matteo Bittanti (M. Bittanti, “L’Innovazione Tecnoludica”, Jackson Libri 1999) presenti la migliore delle definizioni: si parla di “…una doppia natura: da una parte è gioco, dunque è attività, prassi. Dall’altra è video, per tanto rimanda ad un vedere, ad un’estetica…. Definiremo quindi il videogioco come dispositivo elettronico che consente a uno o più giocatori di simulare vari giochi sullo schermo di un televisore o di un monitor al quale viene collegato.
Il videogioco è un new medium a finalità essenzialmente ricreativa”.
Definizione simile poi a quella che troviamo nel vocabolario Zingarelli ovvero: “Apparecchio elettronico che permette a uno o più giocatori di simulare, mediante vari tipi di comandi, sullo schermo di un televisore ordinario a cui viene collegato o su quello di un monitor che ne fa parte integrante, vari giochi esistenti o ideati appositamente”.
Ci permettiamo di aggiungere alla definizione citata il fatto che per gioco possiamo considerare qualsiasi attività ed azione reale od immaginaria riproducibile su schermo (il gradimento dell’utente deciderà esclusivamente il successo dell’opera e non la sua natura) e che la partecipazione umana (in qualsiasi sua forma) debba essere indispensabile per ciò che viene presentato.
…E la discussione può continuare.
I PASSI FONDAMENTALI DELL’EVOLUZIONE:
BREVE STORIA DEI VIDEO GAMES
1958 – 1984: LA “PREISTORIA”
Nella ancora non precisa1 storia videoludica, possiamo considerare il ricercatore fisico William A. Higinbotam come il primo vero creatore di un videogioco. Era il 1958, quando all’interno del Brookhaven National Laboratory negli Stati Uniti, si cercano nuove forme per coinvolgere maggiormente i visitatori del centro scientifico, aperto al pubblico durante alcuni giorni della settimana.
Nasce così un tentativo di simulazione di tennis (due linee su schermo che si passavano un quadratino luminoso) che Higinbotam chiamerà “Tennis for Two” e diverrà la vera attrazione del laboratorio Brookhaven per molto tempo.
Da Tennis for Two passeranno 4 anni per il secondo titolo videoludico: Space War è una sorta di simulazione di combattimento spaziale che rispettava in maniera adeguata le leggi della gravità nello spazio e realizzato da Stephen Russell, studente di ingegneria al Massachussets Institute of Technology di Boston.
Tennis for Two e Space War non sono pensati per arrivare al grande pubblico anche perché in quel tempo giocare con questi due titoli significava avere degli elaboratori grandi quanto un’ autovettura e dal costo di circa 150.000 dollari.
Le due invenzioni, anche se per motivi diversi, non saranno neppure brevettate: Higinbotam non immaginò minimamente che la sua invenzione
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1: Ci riferiamo alle varie divergenze che abbiamo trovato nella ricostruzione delle origini dei videogames. Quella che noi presentiamo cerca di unire gli elementi più comuni riscontrati nella nostra bibliografia.
avrebbe avuto degli effetti così importanti mentre Russell condivideva la filosofia degli hacker2.
Dopo il fallimento del progetto di Ralph H. Baer, il primo a brevettare nel 1968 una macchina da gioco destinata ad essere fruibile direttamente dalla televisione che arriverà solo nel 1972 sul mercato, è Nolan K. Bushnell con la realizzazione di prodotti destinati a locali pubblici a trasformare il videogaming in un fenomeno di massa. Prima Computer Space (una variante, per non dire imitazione di Space War) nel 1971 e soprattutto l’anno successivo Pong (anche in questo caso, non così lontano da Tennis For Two) entrano nel novero dei divertimenti preferiti prima negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo. Bushnell, creato il marchio Atari3, deciderà di “invadere” con i suoi videogiochi anche la sfera privata con dei sistemi casalinghi e di cui sarà leader incontrastato per almeno 10 anni.
Saranno in molti, con alterni risultati, ad entrare nel mercato dei videogiochi e che insieme ad Atari, proporranno nuove forme di intrattenimento videoludico4.
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2: Matteo Bittanti (M. Bittanti, L'innovazione Tecnoludica, Jackson Libri 1999) definisce l’hacker come “uno smanettone del computer e un fanatico della tecnologia che vede nell’informatica l’unica via possibile per la liberazione dall’oppressione politica ed ideologica. Legati alla cultura dello scambio, della condivisione delle conoscenze e delle competenze, gli hackers si rapportano al concetto di diritto d’autore con una certa elasticità”.
3: Per capire l’importanza nella storia dei videogiochi dell’Atari (scomparsa ufficialmente come sigla dal mercato da almeno 5 anni), citiamo l’indiscrezione secondo cui la software house francese Infogrames, azienda importante nella produzione odierna e il cui fatturato ogni anno cresce in maniera considerevole, sta prendendo in seria considerazione l’ipotesi di cambiare nome proprio in Atari (di cui ha acquisito i diritti del marchio durante la prima metà del 2001) perché soprattutto nel mercato americano susciterebbe ancora in molti utenti un forte richiamo.
4 E’ da sottolineare come nel 1979 quattro ex programmatori dell’Atari fondino la Activision, prima azienda a produrre esclusivamente software per macchine da gioco.
Le prime produzioni saranno proprio per le macchine Atari che risponderà con una serie di azioni legali, molto frequenti nel settore in quel periodo.
Non solo macchine dedicate: il videogioco diverrà una possibile applicazione di Home e Personal Computer che dalla seconda metà degli anni ’70 iniziano la loro lenta ma inesorabile diffusione.
Ma è soprattutto l’apporto di alcuni prodotti giapponesi alla fine del decennio ad essere l’artefice di importanti innovazioni nel settore.
Space Invaders (Taito - 1979) viene considerato il capostipite di una nuova generazioni di prodotti grazie alla prima caratterizzazione dei protagonisti del gioco5 e al livello di coinvolgimento in grado di offrire all’utente.
Pac-Man (Namco - 1980) è la prima vera star6 dei videogiochi: oltre a riscuotere un consenso enorme (anche da parte, per la prima volta, del pubblico femminile), otterrà copertine di giornali e magazine, dischi ai vertici per settimane delle classifiche e cartoni animati dedicati alla produzione nipponica.
Sono di questi anni i primi interventi di psicologi, intellettuali e sociologi sui videogames ma il dibattito si limita ad una discussione sui possibili effetti negativi che l’intrattenimento elettronico potrebbe avere sulle nuove generazioni.
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5: Gli alieni “invasori” della terra e che il giocatore doveva eliminare, presentavano a seconda della fila in cui erano schierati, delle forme piuttosto diverse. Per il 1979, quel tipo di tecnica grafica era impressionante.
6: L’origine di quel cerchio giallo senza uno spicchio inseguito da alcuni fantasmi in un labirinto ha una storia alquanto bizzarra: il suo autore, Iwatani, prende ispirazione dalla visione di una pizza a cui già aveva mangiato uno spicchio! Solo le limitazioni tecniche stilizzeranno il personaggio non in una pizza ma in un indefinito essere giallo…. Se aggiungiamo inoltre che l’idea di chiamare i due “operai” protagonisti dei più famosi giochi Nintendo, Mario e Luigi, nasce da alcuni dipendenti della Nintendo America che solitamente cenavano in una pizzeria italiana ed i cui proprietari si chiamavano Mario e Luigi (ed avevano una spiccata somiglianza ai protagonisti dei giochi) possiamo tranquillamente affermare di come la pizza sia stato un elemento fondamentale per il successo e lo sviluppo mondiale dei videogames.
Da Pac Man in poi, il mercato continuerà a crescere in modo esponenziale e sarà in grado di offrire ulteriori forme di intrattenimento con nuove tecniche (grafica vettoriale, laser game ed altri esperimenti meno riusciti) e modi di interazione tra macchina e uomo7.
L’eccesso della crescita ed il tentativo di alcuni nuovi arrivati nel mercato che proporanno titoli scadenti ma ad un prezzo più basso saranno il motivo nel 1984 di una pesante ma temporanea crisi del settore.
7: Ci stiamo riferendo, oltre ai tanti nuovi titoli usciti sempre più diversificati, anche ai giochi di ruolo elettronici, alle simulazioni gestionali e le avventure testuali.
1984-1993: L’ETA’ CLASSICA
Come già è stato fatto da altri, abbiamo deciso di definire questi 9 anni come “l’età classica” del videogioco perché è opinione piuttosto diffusa fra tanti players di tutto il mondo che in questo decennio siano stati prodotti i migliori titoli della storia: secondo i fautori di questa teoria, si era nel momento di maggior equilibrio tra le possibilità tecnico/grafiche (ancora non eccessive) e la strutturazione del gioco in sé.
Torneremo su questo importante concetto successivamente.
Superato il temporaneo sbandamento dell’84, la “fabbrica dei giochi”, per l’ambito casalingo si sviluppa in due direzioni: se in Giappone e nel Nord-America saranno le macchine esclusivamente dedicate al videogaming, le console (in particolare quelle prodotte da Sega e Nintendo) a prendere il sopravvento e diventare in modo stabile i “giocattoli” più venduti, in Europa si preferiranno gli home computer dei produttori Commodore e Spectrum come strumenti per videogiocare8.
E’ di questi anni l’importante passaggio dagli 8 ai 16 bit per i microprocessori principali di ogni sistema: ciò consente di iniziare ad usare un numero molto più elevato di colori, risoluzioni, oggetti sullo schermo impensabile fino a pochi anni prima ed anche dal punto di vista sonoro, ci avviciniamo ad una qualità da musica “reale”.
E’ veramente difficile scegliere per questo periodo i titoli che
8: La diffusione delle console tarderà di qualche anno nella zona europea ma in seguito comincerà ad avere larga diffusione. In Giappone avrà un discreto successo come Home Computer l’MSX, uno standard aperto a vari produttori come oggi Windows. Anche negli USA le macchine Commodore ebbero una certa diffusione come non mancarono le applicazioni ludiche per i primi modelli degli Apple di Steve Jobs che in precedenza aveva lavorato per Atari.
maggiormente hanno avuto una parte importante nell’evoluzione del
videogiocare casalingo e pubblico.
La scelta è caduta su 4 opere piuttosto diverse.
In Dragon’s Lair (Readysoft, Canada – 1984) si trovava sullo schermo un ottimo cartone animato realizzato dall’ex disegnatore Disney Don Bluth9: il giocatore non doveva far altro che eseguire dei movimenti elementari (destra, alto, sinistra, pulsante, basso e via dicendo…) al momento giusto per far proseguire il protagonista del gioco10 fino alla fine della storia.
Anche con un modo di gioco così semplice, Dragon’s Lair affascina: ci si trovava di fronte al primo tentativo di rendere interattivo qualcosa che fino a quel momento si era potuto vedere esclusivamente nelle sale cinematografiche. Il successo fu immediato e mondiale ma la fragilità della tecnologia laser11 (su cui era basato il gioco) e la noia dei giocatori che va a sostituirsi all’eccitazione iniziale, porterà a poche altre produzioni del genere12.
Rimane però l’importanza del prodotto della Readysoft che aprirà degli spiragli di evoluzione tecnico/grafica importanti soprattutto per le produzioni degli anni più recenti.
Tetris, progettato dal ricercatore e matematico russo Alexi Pajitnov e
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9: Autore poi di altri videogames e di lungometraggi che hanno insediato da vicino la leadership Disney nei film di animazione.
10: In un medioevo fantastico, il cavaliere Dirk deve salvare la principessa Daphne, catturata dalle “solite” creature infernali e prigioniera in un castello pieno di mille insidie.
11: Il costo di affitto delle macchine per i gestori delle sala giochi era molto più alto delle altre e la facilità con cui andava fuori uso (e quindi non generatrice di profitto) spinse molti esercenti a rimandare indietro in tempi brevi molti degli esemplari di Dragon’s Lair.
12: Sempre ad opera di Don Bluth e della Readysoft, citiamo Space Ace, la trasposizione in un futuro fantascientifico di Dragon’s Lair.
programmato da uno studente informatico moscovita nel 1987, è un gioco molto semplice: si tratta di incastonare in maniera adeguata delle forme geometriche che arrivano dall’alto (ad una velocità sempre più elevata) in linee orizzontali12.
L’intuizione di Pajitnov13 è geniale: sarebbe molto difficile ricordare tutte le versioni di Tetris uscite nelle sala giochi di tutto il mondo. Impresa ancora più ardua quella di elencare le successive trasposizioni su computer, console portatili e da casa14.
Il successo è planetario e crea anche una nuova fascia di giocatori: saranno milioni le copie di Tetris installate sui PC negli uffici di tutto il mondo15 e che appassioneranno dei giocatori dall’età più elevata del solito ma meno esperti in fatto di videogames.
Street Fighter II della software house giapponese Capcom nel 1990 rivoluziona il genere, già molto in voga da alcuni anni, dei combattimenti con tecniche di arti marziali e semplici calci, pugni e mosse più o meno corrette. Oltre ad una grafica sconvolgente per l’inizio degli anni ’90, ad un coinvolgimento di gioco molto elevato, Street Fighter II dava la possibilità
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12: Ci scusiamo per la non esauriente spiegazione ma descrivere Tetris a parole non è affatto semplice!
13: Per la cronaca, Pajitnov proporrà un altro paio di titoli sulla falsariga di Tetris ma saranno accolti molto freddamente dai giocatori.
14: Ironicamente J.C. Herz (J.C. Herz, “Joystick Nation”, 1997 Little Brown and Company) scrive: “Probabilmente il videogioco più simile alla droga mai inventato: con un livello di pratica sufficiente, riesce ad indurre stati simili alla trance. Non sono molte le cose certe nell’industria dei videogiochi, ma un articolo di fede è che Tetris ci sarà sempre, disponibile su ogni piattaforma fino al Giorno del giudizio”.
15: Ricordiamo come fosse anche possibile, premendo il “Boss Button” mettere immediatamente in pausa il gioco e passare ad una finta pagina di un foglio elettronico per prevenire le possibili visite dei propri capiufficio.
all’utente di scegliere 10 combattenti (sia maschili che femminili) originari di varie parti del mondo, ognuno con delle caratteristiche proprie di
combattimento ma anche con delle motivazioni diverse per cui combattere: la vendetta, il patriottismo (sia americano che sovietico), l’amore, la famiglia, la religione, l’auto realizzazione…
Il prodotto della Capcom, oltre ad essere uno dei più grandi successi nella storia dei videogames16, fa un grande passo in avanti nella caratterizzazione dei personaggi17: si potrebbe definire un’ autentica rivoluzione nel proporre i protagonisti di un gioco elettronico d’azione18.
L’ultimo rappresentante del decennio non è un gioco singolo ma l’insieme dei titoli firmati dalla nipponica Nintendo e che hanno per protagonista il simpatico personaggio di origine italiana noto al mondo con il solo nome di battesimo: Mario.
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16: Oltre alla Capcom stessa che produrrà un numero incredibile di seguiti del suo best seller con l’aggiunta di nuovi personaggi (anche i nemici del precedente che i giocatori umani non potevano utilizzare) e le battaglie con universi paralleli come quella contro i super eroi dei fumetti Marvel, saranno molti i produttori a gettarsi su questo filone così popolare.
Vanno ricordate in particolare la giapponese SNK che proporrà decine di titoli fortemente ispirati a Street Fighter 2 e la saga Made in Usa chiamata Mortal Kombat: il gioco cercherà di calamitare l’attenzione con una grafica ai primordi del foto realismo e soprattutto con l’uso massiccio di violenza gratuita che farà scatenare una nuova crociata negli Stati Uniti contro i videogames violenti. Il gioco della Midway otterrà un buon successo ma comunque di molto inferiore a Street Fighter 2.
In anni più recenti saranno le giapponesi Namco (la stessa di Pac Man) e Sega a darsi battaglia rispettivamente con i vari episodi di Tekken e Virtua Fighter.
17: Aneddoto di videogiocatore. Ricordo ancora un pomeriggio invernale maceratese di dieci anni fa, qualche partita in sala giochi e sentire un amico esclamare: “Lo devo dire, Guile (un marine americano protagonista del gioco) è il mio ideale di uomo”
18: Riguardo i giochi di ruolo parleremo più avanti.
L’idraulico più famoso del pianeta fa la sua prima apparizione nel lontano 1981 in “Donkey Kong”, uno dei primi “platform game”19 in cui aveva il
cruciale ruolo di salvare la sua dama da un simpatico scimmione20 emulo delle gesta di King Kong.
Il pubblico si innamora immediatamente del personaggio, della sua tuta rossa e delle forme rotondeggianti.
Mario sarà poi protagonista insieme al fratello Luigi21 di altri titoli per varie piattaforme con un successo sempre crescente che toccherà il suo apice22 nel 1990 con Super Mario Bros 3, considerato secondo molte statistiche come il gioco più venduto nella storia con un realizzo di circa 500 milioni di dollari.
Indubbiamente i titoli Nintendo erano incredibilmente piacevoli e divertenti ma per raggiungere questi risultati hanno dovuto dare qualche cosa di più: riuscire a creare un nuovo universo di fantasia con i suoi protagonisti, luoghi, suoni, antagonisti e regole, capace di reggere il paragone (e la sfida) con “l’impero” Disney.
Si sono spinti verso la stessa direzione di Pac Man ma sono andati molto più oltre.
Come l’eroe giallo, Mario riscuote un certo consenso anche nel pubblico femminile; pur se destinato agli utenti molto giovani è un best seller in ogni fascia d’età. Diviene una vera icona pop degli anni ’80 ed il suo successo traina anche gli altri co-protagonisti delle sue avventure23.
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19: Genere basato principalmente sul saltare da una piattaforma all’altra con ostacoli di vario tipo che impediscono il facile proseguimento nel cammino del protagonista.
20: Anche lui diverrà protagonista di molti titoli di successo.
21: Luigi non è altro che il “gemello” di Mario ma con la tuta verde. Proprio lui, il meno famoso dei due fratelli, sarà invece il protagonista del primo titolo di punta della nuova console Nintendo denominata Gamecube ed in cui Mario invece farà solo una fugace apparizione.
22: Ma anche i titoli successivi otterranno sempre vendite clamorose.
23: Oltre al già citato Luigi, ci saranno vari “animaletti”, il parallelo in cattivo di Mario e molti altri nuovi “attori”.
Nintendo farà enormi profitti con le licenze di Mario per il merchandising ma sarà sempre molto attenta nel difendere l’immagine24 della star con
attente valutazioni nel decidere su quali prodotti possa comparire e nelle azioni e movenze che deve compiere in apparizioni pubbliche25.
Non c’è ancora un personaggio nella storia dei videogiochi che si possa solo immaginare26 in grado di bissare i 20 anni di grandi successi che il signor “200 milioni di copie vendute” ha ottenuto.
24: Stupisce per questo il grande flop che ebbe il film dedicato a Mario.
25: Ci riferiamo chiaramente ai costumi che vengono indossati all’interno di centri commerciali per promozionare nuovi prodotti o altro.
26: La Sega, entrata in concorrenza diretta con Nintendo nella guerra delle console a 8 e 16 bit, ha cercato di controbattere con un porcospino blu chiamato Sonic e destinato ad un pubblico più maturo. Anche Sonic riscuoterà grande successo e nel corso degli anni saranno decine i titoli che lo vedranno protagonista ma il confronto, in una ipotetica sfida pugilistica, si concluderebbe alla prima ripresa per K.O. dopo pochi secondi a favore di Mario.
1993-2001: “STORIA CONTEMPORANEA”
E’ opinione comune e diffusa che siano stati due i principali fattori a rivoluzionare gli ultimi anni del videogaming.
Il primo è stato l’uso del Compact Disc come supporto per i dati (chiaramente non solo per i giochi).
Prima del CD, i dischetti utilizzati dai computer e i vari formati di cartucce per le console, potevano contenere un numero molto limitato di informazioni se paragonato a quello dei CD, capace di oltre 650 mega di bytes, cifra di circa 200/300 volte maggiore rispetto ai titoli precedenti spesso scomodamente inseriti in un numero piuttosto elevato di floppy disk.
Il CD si può considerare come uno dei principali strumenti anche della convergenza digitale: musica, videogiochi, film (se pure in maniera minore) potevano essere finalmente fruiti con un unico strumento.
Inserire nei giochi colonne sonore dalla stessa identica qualità dei CD audio diviene un operazione molto semplice come con la tecnica del Full Motion Video, diverrà abitudine inserire veri e propri filmati all’inizio, alle fine o all’interno del gioco stesso ad esempio fra un livello e l’altro.
In questo periodo assistiamo ai primi tentativi di film interattivi27: il problema è che gli utenti non si accontenteranno di trovarsi di fronte a degli aut-aut in stile kirkegaardiano dove semplicemente si indicava all’attore di prendere la strada buia o quella illuminata e come successe per Dragon’s Lair, allo stupore iniziale, subentrò l’indifferenza degli utenti.
27: Oltre che sul PC, gli esperimenti furono fatti sulla console Philips CD-I e 3DO, quest’ultima prodotta da più marche fra cui la Matsushita.
Entrambe miravano a non essere semplici macchine da gioco ma ad entrare nei salotti come uno strumento multimediale per giocare, ascoltare musica, vedere film ed usare altri programmi educativi come enciclopedie e prodotti culturali di vario genere. Forse l’eccesso di coraggio delle due compagnie portò ad un totale insuccesso delle due macchine.
Con il Compact Disc e il parallelo monopolio costituente di Windows che spazzò via dalla competizione il Commodore Amiga (che nel campo dei videogiochi per computer aveva regnato incontrastato per almeno 5 anni) e ridusse le macchine Apple ad un target di nicchia, milioni di giocatori trovarono nelle macchine “targate” da Bill Gates l’unica possibilità per giocare su computer ma è indubbio di come su questa piattaforma nel passato ed oggi si scrivano importanti passi della storia che vi stiamo raccontando.
L’altro evento degli anni ’90 è l’arrivo tra i produttori di console della Sony.
Il colosso giapponese aveva una minima conoscenza nel settore dei videogiochi28 e la stragrande maggioranza degli analisti di mercato non gli tributava alcuna possibilità di scalzare dai vertici Nintendo e Sega.
Mai nessuna previsione fu così sbagliata.
La Playstation non solo sarà la console più venduta al mondo29 ma diverrà un vero fenomeno di costume: per la prima volta sarà “trend” essere videogiocatori!
La strategia di Sony si basò sull’alzare l’età del target di riferimento del suo prodotto30 e conseguentemente la maggior parte dei titoli rispecchiavano questa scelta con storie, estetiche, contenuti e forme plausibilmente indirizzati ad un target fra i 16 e i 30 anni.
28: Fu tra i vari produttori (e neppure con entusiasmo) dello standard MSX durante gli anni ’80.
29: Solo con il fattore “Pokemon”, Nintendo con l’Ultra 64, riuscirà ad avvicinarsi alle cifre di Sony, mentre Sega dopo il fallimento del Saturn proporrà una nuova macchina chiamata Dreamcast ma anche in questo caso il flop sarà così marcato da indurre Sega ha ad uscire dal mercato hardware e continuare solo a produrre software per sala giochi e per le macchine di quelli che fino a pochi mesi fa, erano i suoi diretti concorrenti.
30: In realtà già Sega si presentò con delle macchine pensate per una fruizione più adulta rispetto a Nintendo ma lo fece in maniera non troppo decisa e marcata.
Tramite la PSX, l’evoluzione del concetto di film interattivo inizia ad essere realmente coinvolgente per il giocatore e grazie anche ad una politica di marketing piuttosto innovativa31, possiamo affermare di come la Sony sia riuscita a rivoluzionare gli usi, le modalità ed il concetto stesso di videogioco. Parlare di tempi così recenti e scegliere quei prodotti che maggiormente hanno avuto un ruolo importante in questa evoluzione non è una scelta così semplice ma abbiamo voluto “azzardare” 4 nomi.
Doom (Id Software – Usa, 1993) è stato il primo gioco32 3D d’azione in cui la prospettiva di gioco era sempre in soggettiva: su schermo non avremmo mai visto il protagonista ma quello che potevano vedere i suoi occhi e che potevamo gestire a nostro piacimento in ogni direzione dello spazio tridimensionale creato.
Doom è stato solo l’inizio di uno dei generi più floridi degli anni ’90 e che ancora oggi non sembra conoscere alcuna sorta di crisi.
Quasi sempre, in questo genere, il nostro scopo è di uccidere ogni forma vivente che incontriamo nel corso dei livelli: lascio a voi immaginare cosa abbia potuto scatenare un realismo mai visto fino a quel momento, la forte stimolazione sensoriale33 e la violenza gratuita del titolo34.
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31: Tutta la campagna pubblicitaria di Sony si basò nel mostrare il meno possibile i giochi sia in TV che nei manifesti, cercando invece di calamitare l’attenzione dei consumatori con “scenette” di vario genere riguardo la potenza della sua macchina o di altro genere. Visto il successo di questa strategia, si sono ripetute le stesse modalità per l’uscita della Playstation 2.
32: Gli stessi programmatori avevano già distribuito in forma gratuita un gioco molto simile a Doom chiamato Wolfenstein 3D.
33: Comunque abbastanza tipica per tante delle nuove produzioni.
34: Una precisazione: non si vuole in questo testo aprire un capitolo sui possibili effetti della violenza dei videogiochi ma abbiamo riportato sempre le polemiche su quest’argomento per evidenziare il fatto che fino a tempi recenti, questo sia stato l’unico motivo per cui la stragrande maggioranza (vicino all’unanimità) di intellettuali, medici, psicologi e sociologi prendeva la parola sui videogiochi, chi per difenderli, chi per attaccarli.
Se Doom nasce su PC, Wipe Out (Psygnosis – Inghilterra 1995) è stata una delle prime “killer application”35 per Playstation.
Il gioco ci porta in un futuro non meglio precisato dove le corse di Formula Uno vengono sostituite da vetture volanti in grado di raggiungere velocità elevatissime.
Wipe Out propone un’estetica scioccante con uso massiccio di colori sgargianti e “buca” lo schermo per la sensazione di velocità.
Ma il titolo è importante anche perché sarà l’inizio36 della collaborazione tra il mondo dei videogames e musicisti già noti al grande pubblico37.
Nel 1996 farà la sua apparizione in contemporanea su PC e Playstation, la donna virtuale più famosa del mondo, Lara Croft, protagonista della serie Tomb Raider (Eidos – Inghilterra 1996) già arrivata al suo 5° episodio.
Oltre ai successi di vendita e alla validità del prodotto38, la signorina Croft diviene un vero oggetto di culto: poche “pin-up” degli anni ’90 possono contare su un numero di fan superiore a quello dell’archeologa virtuale.
I poster dell’eroina di casa Eidos, invadono le stanze di milioni di teenagers ma anche Bono Vox, leader del gruppo degli U2, rimane affascinato dalle forme e dalla personalità decisa della Croft che diverrà il soggetto
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35: Con killer application si intendono quei titoli che per la loro innovazione o fascino riescono a convincere un numero elevato di utenti ad acquisire la piattaforma su cui questi giochi si possono utilizzare.
36: In realtà già alcuni prodotti su Amiga firmati dai Bitmap Brothers contenevano canzoni realizzate da gruppi noti come i Bomb The Bass ma le limitazioni tecniche non permettevano agli artisti di potersi esprimere liberamente o riproporre in maniera completa i brani che avevano già lanciato sul mercato discografico.
37: In Wipe Out sono presenti i Prodigy, Chemical Brothers, Orbital, Future Sound of London e altri dei maggiori rappresentanti della nuova scena musicale techno degli anni ’90.
38: Lara Croft è una novella archeologa in giro per il mondo alla scoperta di incredibili segreti in grado di segnare i destini del mondo. Qualcuno ha trovato molte somiglianze con Indiana Jones, ma Lara usa molto più frequentemente le armi per andare avanti nelle sue esplorazioni.
principale delle immagini trasmesse sui mega schermi durante i concerti della band irlandese.
E’ di quest’anno l’uscita del film dedicato a Tomb Raider: secondo i produttori la parte più complessa della lavorazione si è avuta nel momento di decidere l’attrice che avrebbe dovuto interpretare Lara, scelta poi caduta sulla “mia coetanea” Angelina Jolie.
L’ultimo titolo che conclude la nostra breve, se pur intensa, sintesi, è il capolavoro Konami chiamato Metal Gear Solid (Giappone, 1998).
Forse è la prima volta che per descrivere un prodotto videoludico, non sarebbe il caso di iniziare a parlare della modalità di gioco ma della sua trama39 visto che Metal Gear è forse il miglior rappresentante di una complessità narrativa degna di un lungometraggio cinematografico.
Non sono solo i contenuti ad avvicinarsi al linguaggio filmico ma anche le “riprese”: più telecamere mobili seguono le azioni del personaggio e a seconda del movimento che compie, il regista “virtuale” trova sempre l’angolazione più spettacolare da mostrarci.
Il titolo Konami è il miglior prodotto per concludere la storia e tornare al presente.
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39: Sintetizzando in maniera estrema, si narrano le gesta di un agente segreto mercenario oramai in ritiro con i suoi cani nelle gelide terre d’Alaska che viene richiamato forzatamente dal governo americano per fermare il ricatto atomico di alcuni soldati super specializzati e manipolati geneticamente.
Proseguendo nel gioco, si scoprirà di come dietro la storia che raccontano a Solid Snake (nome del protagonista) ci siano intrighi, complotti, esperimenti genetici che vedono coinvolti governi, multinazionali e lobby segrete in un susseguirsi di colpi di scena sempre più emozionanti.
STORIE PARALLELE:
MACCHINE PORTATILI, GESTIONALI,
AVVENTURE,GIOCHI DI RUOLO E PIRATERIA
Per concludere questo breve sunto sulla storia del divertimento elettronico, sono ancora necessarie alcune righe per scrivere di vicende parallele a quelle descritte fino a questo momento.
Il motivo di lasciare alcuni argomenti a parte, è dettato dagli obiettivi di questo elaborato ma ci sembrava comunque doveroso riportarli per dare un quadro completo del tema.
DIVERTIMENTO PORTATILE
Oltre ai sistemi casalinghi e alle sala giochi pubbliche, nel corso dei decenni si è andato sviluppando anche il divertimento portatile.
Da semplici giochi singoli (in Italia furono rinominati “schiacciapensieri”), si è passati a vere console sempre più potenti tanto che l’ultima produzione Nintendo, il Game Boy Advance, ha delle capacità hardware superiori ai sistemi da casa al top del mercato solo qualche anno fa e con milioni di esemplari già venduti a pochi mesi dall’uscita.
Ancora da decifrare la risposta del pubblico alla sinergia fra videogioco da casa e portatile che è stata sperimentata dalle console di ultima generazione di Sega e Sony.
STRATEGICO-GESTIONALI, SIMULAZIONI,
AVVENTURE E GIOCHI DI RUOLO
I quattro generi appena elencati rappresentano i principali modi di produrre
videogiochi non di azione38.
Gli strategico-gestionali sono programmi in cui l’utente si fa carico di responsabilità di varia natura come amministrare e controllare una città, un palazzo, l’evoluzione dell’uomo o addirittura l’intero universo attraverso le decisioni su un numero possibile di variabili. Sim City, Civilization e Popolous sono fra i principali successi di questa tipologia che su PC gode di un nutrito seguito.
Le simulazioni hanno nel realismo il proprio fine: sono infatti frequenti i casi di interscambio, ad esempio, tra il software in dotazione alle aeronautiche di ogni parte del mondo per addestrare i propri piloti ed i simulatori di volo destinati al mercato. Gli utenti dei simulatori frequentemente sono videogiocatori esclusivamente di questo genere.
Chi si è imbattuto nelle prime avventure elettroniche si trovava di fronte allo schermo un testo che ad un certo punto della storia narrata chiedeva di fare delle scelte39 che avrebbero influito sul proseguire della vicenda.
Al testo si è poi sostituita la grafica e possiamo considerare anche i primi film interattivi come della avventure40.
Con il passare degli anni sempre più giochi “arcade”41 hanno iniziato ad acquisire elementi di questo genere al punto tale che oggi proprio i più
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38: In cui, forse un po’ brutalmente, inseriamo i platform (Mario & Co.), i giochi di combattimento (Street Fighter ed i suoi “figli”) , gli sportivi (pensate a qualsiasi sport, esisterà sicuramente un videogame), i rompicapo (Tetris e migliaia di altri titoli), gli shooters di vario genere (Doom e soci, ma anche Space Invaders ed “eredi”…) ed i vari ibridi dei generi appena citati.
39: La poca potenza delle macchine di allora, più di venti anni fa, comportava situazioni abbastanza paradossali in cui se non si fosse usata la parola esatta che il programma richiedeva, l’utente non aveva possibilità di andare avanti nel gioco.
40: Se pur banali e poco interattive.
41: Termine sinonimo di azione per i videogiochi.
grandi successi (Tomb Raider, Alone in The Dark, Shadow Man, Resident Evil e tantissimi altri) sono chiamati appunto arcade-adventure 3D.
Riguardo i giochi di ruolo, devo confessare la mia non approfondita conoscenza in merito, quindi preferisco citare J.C. Herz (J.C. Herz “Joystick Nation”, 1997 Little Brown and Company) che dà la seguente definizione: “I giochi di ruolo si svolgono come lunghe e complesse narrazioni epiche delle gesta di una banda di personaggi che viaggiano, saccheggiano e combattono con azione di squadra. Hanno le loro radici nei giochi da tavolo degli anni ’70… si basano sulla statistica, la probabilità e le mappe…”.
I Gdr, quasi sempre ambientati in mondi epico “fantasy” o futuristici , per loro natura sono molto longevi42 e costringono i produttori a creare delle trame piuttosto complesse ed articolate che hanno aiutato tutta la produzione di videogiochi a crescere in contenuti.
L’altro aspetto di interesse di questo genere è il gioco on line che permette agli appassionati di condividere le stesse avventure e da lì è frequente un uso simile alle chat line per socializzare virtualmente con persone di ogni angolo del mondo.
La saga di Ultima dell’americana Origin e quella nipponica di Final Fantasy43 della Square Soft, sono due dei più grandi successi in assoluto nella storia dei videogiochi.
PIRATERIA
Tema scottante la pirateria che ha riempito molte pagine dei magazine dedicati ai videogames.
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42: Per concludere alcuni di questi titoli sono necessarie a volte fino a 60 ore di gioco.
43: Anche da Final Fantasy è nato un film completamente in computer grafica che ha diviso critica e pubblico.
La facilità con cui è stato possibile copiare44 illegalmente il software ed un certo lassismo da parte delle autorità internazionali almeno fino a quando il mercato non ha acquisito una certa importanza, secondo molti è stato un fattore influente sulla direzione dello sviluppo dei videogames come ad esempio la preferenza delle software house di programmare sui sistemi a cartucce molto più difficili da copiare rispetto ad un floppy disk o ad un cd.
D’altra parte, ci sono strenui sostenitori di una visione opposta: solo con software, se pur illegale, a basso prezzo il videogaming è potuto diventare un fenomeno di massa.
Ciro Ascione (C.Ascione, “Videogames – Elogio del tempo sprecato”, Minimum Fax 1999) afferma riguardo la Playstation Sony: “Schiere di ragazzini accaniti e sudati (…) che si scambiano CD pirata comprati per quattro soldi. E’ proprio la natura “proletaria” ad aver fatto la fortuna della PSX: software facilmente duplicabile, basso costo della console (…) (riguardo il Nintendo 64) la distribuzione di software su cartucce anziché su CD per bloccare le duplicazioni pirata è stata una scelta perdente, se la PSX è diventata così popolare, è anche per merito della pirateria”.
Come per la violenza, non si vuole dare un giudizio sulla questione pirateria ma anche questo elemento fa parte di un background storico “minimo” che abbiamo voluto raccontarvi per capire meglio, forse, il presente ed il futuro del videogaming.
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44: Ed oggi il modo migliore per procurarsi software illegale è “avventurarsi” nei meandri di Internet dove esistono autentiche banche dati con migliaia di titoli ma anche con il rischio di virus.
DI FRONTE A NOI:
IL VIDEOGAMING DEL PRESENTE
Le coordinate guida dello sviluppo attuale
IL MERCATO E LA PRODUZIONE GLOBALE
Come già anticipato in precedenza, il mercato del divertimento elettronico è cresciuto al punto tale da superare, in termini di fatturato, prima l’industria discografica e poi quella del cinema.
Ma produrre videogames, soprattutto negli ultimi 5 anni, ha significato anche molti altri cambiamenti.
Se nella “preistoria” era sufficiente un singolo programmatore in grado di scrivere il codice del programma ma anche la grafica ed il sonoro del gioco, la potenza a disposizione del nuovo hardware ha si permesso di avere strumenti più flessibili e in grado di dare “mano libera” a realizzatori del concept di gioco e agli artisti audiovisivi, ma contemporaneamente ha alzato in maniera esponenziale i costi di produzione: per un titolo di fascia medio-alta, oggi bisogna costituire un team di decine (a volte centinaia) di persone che lavorano sul prodotto in media per un anno1. Un esempio: la realizzazione della colonna sonora, ha molte caratteristiche simili a quelle di un film oppure, in altri casi, ad una produzione discografica.
Servono quindi ingenti investimenti per un singolo prodotto e per ottenere profitti è chiaro che sarà necessaria una diffusione globale nel mondo2 : ciò implica una distribuzione capillare a livello planetario ed una politica di
1: Ma a volte può succedere di arrivare fino a 5 anni, come ad esempio per Max Payne della 3D Realms, di cui parleremo in seguito.
2: I mercati principali dei videogames sono tre: il nord-americano, il nipponico e l’europeo. Di minore importanza l’australiano e l’asiatico (Giappone escluso).
marketing oculata3 che solo in pochi possono permettersi ed hanno a disposizione.
Per questo, come già successo in altri settori economici, la “globalizzazione” ha portato ad una drastica riduzione delle aziende sul mercato, concentrando la produzione mondiale nelle mani di poche decine di “nomi”.
C’è chi ha deciso di compiere una fusione fra varie aziende come nel caso della Eidos (i produttori di Tomb Raider) in cui sono confluite le maggiori software house britanniche di un tempo.
Chi, forte della sua posizione sul mercato, come la francese Infogrames, ha comprato aziende in crisi o comunque incapaci di far fronte alle caratteristiche del nuovo mercato.
L’altra strada intrapresa negli ultimi anni per far fronte alle nuove esigenze è quello delle collaborazioni e delle partnership in cui ad esempio un gruppo di programmatori decide di continuare il lavoro in maniera autonoma ma trova poi una multinazionale che si occupa della distribuzione, del marketing, della localizzazione4, delle public relation, della parte commerciale in genere.
Le collaborazioni possono anche essere fra “giganti”: la nipponica Square Soft, produttrice della saga best-seller Final Fantasy, ha deciso di
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3: Tra i vari strumenti di marketing usati, è sempre più frequente l’uso di indagini di mercato per scoprire i gusti dei consumatori e realizzare i protagonisti dei nuovi titoli con le caratteristiche estetiche, caratteriali e psicologiche possibilmente vicine alle preferenze maggiormente riscontrate.
Negli ultimi anni le software house decidono di puntare sempre più sui personaggi e giochi già affermati e proporre seguiti con una certa frequenza e regolarità senza rischiare troppo con esperimenti o nuovi soggetti.
4: La traduzione dei dialoghi, dei sottotitoli, del manuale ma a volte anche a delle modifiche dei contenuti del programma stesso per varie motivazioni come l’aggirare il divieto di vendita ad alcune fasce di età: in alcuni paesi, USA in testa, i metri di giudizio degli organi che hanno potere in merito a queste decisioni sono maggiormente restrittivi.
appoggiarsi all’americana Electronic Arts5 per la distribuzione dei suoi prodotti negli Stati Uniti e in Canada con ottimi risultati economici per entrambi.
IL ROSPO DIVENTA PRINCIPE:
HOLLYWOOD CERCA STAR DISPERATAMENTE
Anche il rapporto fra cinema e videogames si è profondamente modificato.
Se fino a alla metà degli anni ’90, era l’entertainment informatico a guardare ai lungometraggi per idee, stili e personaggi6, oggi è soprattutto Hollywood a cercare nuove star tra gli eroi virtuali come la già citata Lara Croft di Tomb Raider, i violentissimi guerrieri di Mortal Kombat7 e Street Fighter II, l’ironico Duke Nukem e molti altri che presto arriveranno sul grande schermo8.
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5: Secondo alcune indagini di mercato, la Electronic Arts si può considerare come la più grande software house del pianeta. Oltre alla collaborazione con la Square Soft, vanta tra gli altri nel suo catalogo le produzioni della Westwood e della Maxis, autori dei titoli più venduti per PC come Sim City, Blade Runner, Command & Conquer, Red Alert, The Sims e molti altri. La E.A. si può anche considerare come la prima ad aver iniziato la strategia del seguito prestabilito: infatti ogni anno (sempre nello stesso periodo) escono le nuove versioni dei loro titoli sportivi come Fifa Soccer, NBA Live, NHL, John Madden’s Football e molti altri.
6: I “tie-in” sono dei titoli basati sulla storia e i personaggi di un film. La prima ad inaugurare questo tipo di produzioni fu l’Atari con E.T. di Steven Spielberg. Certi che il nome sarebbe bastato ad ottenere un successo senza precedenti, realizzarono un prodotto piuttosto scadente che fu accolto in maniera così negativa dal mercato tanto da non riuscire a recuperare neppure i costi per l’acquisizione dei diritti.
Non solo: E.T. fu anche il fattore scatenante della grande crisi dei videogames nel 1984.
7:Da cui è nato anche un serial TV.
8:Nel caso poi di Final Fantasy, un film realizzato completamente in computer grafica, il confine fra cinema e videogiochi è piuttosto labile. Il tentativo (secondo molti fallito) era quello di sostituire agli attori dei modelli 3D capaci di non fare rimpiangere uomini in carne ed ossa. Il realismo di questi personaggi è veramente impressionante ma risultano carenti nella recitazione…. Due anni all’Actor’s Studio forse farebbero bene anche a loro!
Ma il cinema, soprattutto per le pellicole destinate al pubblico più giovane, sembra sempre più orientato ai ritmi frenetici, ai montaggi “esagerati” che sono tipici di quelle produzioni elettroniche che per “nascere” hanno precedentemente guardato, loro, alle tecniche cinematografiche.
INDOVINA CHI PROGRAMMA UN VIDEOGIOCO
Anche chi ha sempre pensato che il modo migliore per esprimere storie e pensieri fosse il formato cartaceo9, negli ultimi anni si sta avvicinando con maggiore frequenza ai videogiochi.
Paulo Coelho Clive Barker, Frank Herbert, Tom Clancy, Michael Crichton, Bernard Weber sono i nomi più noti di una lunga lista di autori che hanno deciso di trasporre alcuni romanzi o scrivere una sceneggiatura appositamente per un prodotto elettronico.
Per il nostro percorso, sono utilissime le dichiarazioni di Clive Barker10 che afferma: “Ho appena finito di scrivere un libro e nel corso della stesura mi è capitato spesso di pensare ad un videogame. Ci sono dei momenti nei quali alcuni personaggi devono prendere delle decisioni. Fosse stato un gioco avrei potuto sviluppare la narrazione su piani diversi. Solo i videogiochi offrono tanta libertà (…) Il vero difetto dei videogame oggi è la loro prevedibilità, Eppure nessun gioco è così potenzialmente ricco di emozioni. Io ho intenzione di esaltare questo aspetto (…) Non penso che nessuno abbia ancora scritto il Moby Dick o l’Oliver Twist dei videogiochi. Ci vorranno almeno 10 anni, e richiederà un leggero cambiamento nelle aspettative dei giocatori, in quello che i motori grafici possono fare, e quello che noi creatori vogliamo rischiare. Ma immagino un gioco che abbia la drammaticità di un’opera teatrale, la complessità narrativa e
9: Non ci riferiamo solo agli scrittori ma anche agli autori e disegnatori di fumetti.
10: Dopo Stephen King, il più importante autore al mondo di libri “horror”.
l’impatto emotivo di un libro e che al tempo stesso mantenga le cose che ti
può dare solo un gioco: la possibilità di scegliere la strada che vuoi, senza mai ripetersi due volte. Non c’è ancora un gioco così, ma arriverà.”
Inutile negarlo, devo alle precedenti frasi di Clive Barker la scintilla iniziale di questo elaborato.
WORLD IS ON LINE
Il gioco on-line “linka” milioni di videogiocatori che ad ogni latitudine del mondo si collegano dalla propria postazione, chi per competere in giochi sportivi e di corsa, chi per formare una sorta di “gang” virtuale e sfidare i rivali in combattimenti all’ultimo sangue nelle arene fornite dalla quasi totalità degli shooter in commercio, oppure per esplorare nuovi mondi e città nei giochi di ruolo11.
Le caratteristiche di gioco “multiplayer” si differenziano in maniera netta dal gioco singolo perché l’interazione non avviene più con una intelligenza artificiale (o non solo) ma con quella di altri esseri umani.
Molti li amano alla follia, altri non la considerano ancora una modalità di gioco interessante.